Stamane abbiamo un'ultima colazione fatta di bacche, radici e kimchi qui a Busan, poi faremo le valige e ci sposteremo più a nord, precisamente nella famosa e storica città di Gyeongju.
Più saliamo verso nord e più la vacanza volge al termine, mancano una manciata di giorni ormai e già mi è presa l’ansia del volo di ritorno. La mia paura di volare non mi farà godere a pieno degli ultimi giorni di viaggio.
I nomi delle cittadine in Corea del Sud mi sembrano tutti tremendamente uguali, faccio una gran confusione, iniziano sempre per Y e J, per terminare con Gju, Ju, Jeju, tanto che se li senti pronunciare difficilmente riesci a capire di che cittadina stanno parlando.
Abbiamo deciso di prenotare una stanza in una casa tradizionale, all'interno del villaggio storico Hanok.
In assoluto è quella che ci è costata più cara di tutte qui in Corea, più degli hotel lusso a quattro stelle.
Per restarci tre notti la padrona di casa ci ha chiesto 230€, che sono tanti, considerando che abbiamo dormito anche tre notti per 100€, ma dicono sia un esperienza da dover fare almeno una volta nella vita e quindi non possiamo farcela scappare.
Nei due giorni a Busan ha sempre piovuto e non abbiamo potuto godere a pieno delle magnifiche spiagge cittadine e della città, oggi che dobbiamo viaggiare e che ci allontaniamo dal mare,
il sole ci prende in giro risplendendo con tutta la sua forza ed il suo impeto ed illuminando ogni cosa e rendendola contrasta e troppo piena di luce.
Per fortuna tira una brezza piacevole che rende la giornata meno infernale, nonostante gli avvisi nefasti del meteo, il clima sembra essere sopportabile.
Siamo ormai rassegnati all'idea che qui in
Corea del sud non si possa avere un buon caffè espresso. Ogni volta che entriamo in un bar ci lasciamo ingannare da queste magnifiche macchine da caffè italiane,
la cimbali, cromate e sbuffanti, esibite come espressione della perfezione, che però tirano fuori una brodaglia così terribile da farmi rimpiangere perfino la moka con la cicoria dei tempi di guerra.
La cosa strana è che hanno caffè in chicchi che macinano fresco, ma non sanno proprio cosa sia un vero caffè. Qui al terminal dei bus, la scelta è varia, ci sono molte caffetterie e bar e poi c'è una signora in un piccolo chiosco, dal quale si sprigiona un odore di caffè in tostatura.
Senza alcuna speranza ci avviciniamo alla signora e compriamo un espresso ad un prezzo che si avvicina ai nostri 2,50€. Lei ci osserva per bene, poi si mette ad armeggiare con la macchina del caffè e per qualche strano miracolo tira fuori un'espresso ristretto in una tazzina standard da espresso, bianca.
Lo guardiamo con estremo sospetto e mi accorgo che Simona, dopo che mi aveva detto di non volerlo, si sta avvicinando minacciosa al mio espresso, così fulminandola con lo sguardo le faccio capire che deve starne alla larga.
È un vero miracolo, perchè il mio caffè, per la prima volta da quando siamo in viaggio, si rivela essere molto simile al nostro espresso, un pò salato forse, ma piacevole e bevibile, tanto da aver rimesso subito la giornata nel binario giusto.
In tutta la stazione ci sono tantisismi negozietti che vendono tofu bollito in varie forme e tipologie, fritto o semplice, infilato su stecchini di legno ed immerso a riposare in un brodo caldo.
La gente si ferma a comprarne alcuni stecchini, insiema ad uova sode che sono immerse sempre nello stesso brodo caldo, e li consuma subito in una ciotola rossa e nera fornita dal chiosco, oppure se li fa confezionare e li porta dietro per uno spuntino o per il pranzo.
Per tutti quelli che vanno di fretta è un ottimo spuntino o pranzo rapido, ma anche molto pratico da portarsi dietro in viaggio sull'atobus, qui dal terminal infatti partono per moltissime destinazioni in tutta la Corea e possono durare anche svariate ore.
Molti anziani vengono qui per pranzare con gli spiedini di tofu, ne mangiano fino a saziarsi e poi si fanno fare il conto consegnando gli stecchini ai venditori.
La cifrà pagata è talmente bassa che deve essere uno dei cibi più popolari tra gli anziani soli, rapido ed economico.
Ho fame anche io, ma chi sa per quale motivo non ho fatto scorta di spiedini e mi sono limitato a prendere posto sull'autobus, nella comoda poltrona in pelle prenotata.
Poco prima di partire, sull'atobus sale una signora anziana a presentare dei dolcetti tipici coreani, è entrata dalla porta posteriore ed ha recitato a memoria la sua propaganda dolciaria, mostrando la mercanzia a tutti i presenti sull'autobus.
Poi ha tentato in tutti i modi di vendere i suoi dolcetti in comodi sacchetti da viaggio di carta bianca, ma tutti i presenti, noi compresi, siamo rimasti indifferenti, lasciando che l’anziana vecchietta se ne andasse così come era arrivata.
Come se fosse stata una specie di fantasma, mi ha dato la sensazione che si trattasse di un'entità invisibile incastrata in quella scena che si ripeteva all'infinito da chi sa quanti anni.
Durante la sosta in autogrill fa caldo e ci è venuta fame, decidiamo di mangiare qualcosa per merenda in un catena francese molto diffusa nel paese,
Paris baguette.
Prendo due ottimi dolci e ringranzio che non esista anche da noi in Italia, altrimenti nonostante io non sia un'amante dei dolci, finirei per farmi del male mangiandone troppi.
Uno è un Cinammon gigante, molto morbido ed umido, all’interno c'è una crema dolce al formaggio, molto delicata e sopra, la parte esterna più croccante e carmellata ha un fantastico gusto di Cannella.
L'altro dolce è fatto di morbido pan brioche ripieno di una crema dal gusto delicato e con la superficie croccante al gusto di caffè.
Così meraviglioso che mi ha lasciato le papille gustative inebriate di gusto ed una costante salivazione che mi ha fatto capire che ne avrei dovuto comprare qualcuno in più.


Prima ancora di arrivare in città ci accorgiamo del carattere storico di questa cittadina, osservando l'estetica degli edifici.
Qualsiasi costruzione somiglia ad un tempio, con i tetti spioventi e le tegole scure che terminano sempre ai bordi con punte rivolte verso l’alto.
Anche il casello autostradale sembra un enorme porta del tempio, l’autogrill sembra un tempio e la tettoia del distributore di carburante sembra un grande tempio buddista.
Le case, le industrie, il meccanico, i concessionari della Kia, hanno tetti tradizionali di questa forma, mi viene il dubbio che sia una sorta di vincolo paesaggistico o una strategia per rendere la città più attraente agli occhi dei turisti.
Fa terribilmente caldo e dobbiamo trascinarci i trolley in tutto il villaggio Hanok che sembra non aver mai fine, la nostra casa si trova verso la fine del villaggio ed il viale principale si estende per qualche chilometro sotto un sole caldo a picco, senza nemmeno un albero o un edificio alto che possa regalarci un fazzoletto d'ombra.
Mentre trasciniamo stanchi i bagagni su un terreno di ghiaia sbiancata siamo circondati dagli insetti, per fortuna non qui in Corea non vedo mai mosche, ma ci sono tantissime libellule di tutte le dimensioni ed i colori che ti volano di fianco e restano sospese a mezz'aria ad osservarti con discrezione, senza mai infastidirti troppo.
Il villaggio dove alloggiamo è enorme, le case sono tradizionali ma quasi tutte di nuova costruzione, costruite in una tecnica che miscela sapientemente legno e cemento, sono un perfetto falso storico, molto gradevole da vedere che regala l'idea di trovarsi in un passsato lontano.
Molte case, che sono ville di massimo due piani, sono circondate da un muretto sormontato da un tetto spiovente e chiuse da massicci portoni in legno che si aprono mostrando i piccoli giardini che introducono poi all'edificio centrale.

La proprietaria della villetta dove alloggeremo è una signora di mezza età davvero gentile, ci offre come benvenuto i dolci tipici del villaggio Hanok e della spremuta di arancia, poi ci accompagna a lasciare le cose nella nostra stanza.
Capiamo subito che bisogna entrare scalzi e così lasciamo le scarpe nel balconcino esterno alla nostra camera ed entriamo da una porta finestra per ritrovarci in una piccola ma accogliente stanza dallo strano e morbido pavimento.

Si tratta di una superficie fatta di una specie di gomma liscia e piacevole al tatto che ha la capacità di riscaldarsi in inverno. Infatti per quanto siamo riusciti a capire, i coreani anche in epoca medievale avevano, questo riscaldamento
che partiva dai seminterrati delle case e si diffondeva nelle case attraverso il pavimento, consentendo a tutti di vivere per la maggior parte del tempo seduti sul pavimento.
Prima di congedarsi, la signora ci regala una cartina della città e ci dice dove sono posizionate le cose da vedere sulla mappa, non conosce bene l'inglese e molte cose le dice in coreano, chiaramente incomprensibile per noi.
Tuttavia non è così difficile comprendersi nel linguaggio dei gesti e riusciamo a capire abbastanza, quali sono le cose più interessanti da vedere nei dintorni.
Noi affrontiamo un viaggio con la lista delle cose da vedere già pronta, la prepariamo nei mesi precedenti alla partenza con estrema perizia, ma le persone del luogo sanno sempre offrirti quel qualcosa in più che non trovi su nessuna guida turistica ne nei diari di viaggio della gente.
I parchi cittadini sono tutti pieni di tumuli altissimi, ricoperti di un manto erboso che viene pettinato dal vento, mi
fanno venire in mente il tumulo dei racconti di H.P.Lovecraft, ma non sono niente di così spaventoso, sono soltanto le tombe tradizionali degli imperatori.
Sulla strada che facciamo a piedi per andare a prendere il bus 11 che ci porterà fino al tempio Bulguksa, un altro sito
patrimonio mondiale dell’UNESCO, ci sono piccole bettole gestite da anziane vecchiette.
Sono ricavate direttamente nel garage di casa o in minuscoli locali fronte strada, ognuna di loro vuole convincerci
ad entrare per mangiare qualcosa per pranzo, ma dato che non ci sono foto dei piatti, ne menù, ne scritte di nessun tipo e neanche i prezzi,
ma solo questi locali un po' troppo angusti ed enormi pentoloni che sbuffano violenti ed acri vapori sconosciuti,
facciamo finta di niente e proseguiamo.
Forse sono streghe che vogliono catturarci e metterci a cuocere nel loro pentolone o soltanto povere commercianti di
una zona poco battuta e più sfortunata che cercano di sbarcare il lunario cucinando per i passanti.
Per arrivare al tempio il bus ci mette quasi un'ora, è molto lontano dal villaggio ma vale la pena andare a visitarlo.
Lungo la strada notiamo un immenso orto botanico costruito in una moderna ed immensa teca di vetro e metallo che ospita
anche un
bird park dove vivono moltissimi tipi di uccelli in cattività.
Le strutture ricordano immensi templi, ma sono fatte di vetro. metallo e cemento, rifinite di bianco brillante.
Spiccano impetuose nel cielo azzurro emergendo da verdissimi prati. Sono bellissime, la prova che anche gli edifici moderni,
quando sono costruiti con una certa attenzione per l'ambiente circostante, possono essere belli da vedere e non apparire
come una nota stonata messa li per caso.
C’è anche un posto dove si può pagare per fare un giro su di una mongolfiera gialla che sorvola tutta la zona e poco più avanti,
un parco giochi con quelle attrazioni spaventose dove seduti sospesi nel vuoto ti lanciano lungo un percorso che si inerpica fino in cielo,
per poi piombare improvvisamente verso il basso
lungo uno strapiombo che scende a 90 rispetto al terreno, per poi curvare bruscamente ed avvitarsi su se stesso fino a cercare di farti vomitare.
Vicino a questo mostruoso parco giochi, c'è anche un parco acquatico con centinaia di scivoli altissimi, roba troppo giovanile ed
avventurosa per non turisti di mezza età, che cerchiamo la cultura e la bellezza estetica delle cose del passato e quella che trasmettono
le persone attraverso lo scambio culturale.

Il tempio
Bulguksa è bellissimo, costruito a ridosso di una collina si estende e si inerpica lungo la pendenza con corridoi
ed edifici di varie forme e grandezze.
Ovunque guardi, vieni rapito da questo spettacolare susseguirsi di colonne rosse, tetti di assi di legno intrecciato, decorati nella parte inferiore dei più svariati colori pastello.
Sono una magnificenza di rossi, verdi, azzurri e blu notte che si ripetono tra loro, alternandosi in sequenze infinite e definite che offrono uno spettacolo unico.
Ogni edificio del tempio è poi quasi sempre circoscritto da mura basse e da uno spiazzo centrale ampio dove non mancano costruzioni centrali che ricordano colonne di pietra multiforme.
Nei piazzali sotto il sole si radunano le folle di turisti estasiati, molti indossano abiti tradizionali coreani ed offrono uno spettacolo più
immersivo nell'epoca storica del tempio.
Lungo questi infiniti corridoi con le tettoie in legno che circondano gli edifici, sono sospese migliaia di lampade di carta colorata, che danzano nel vento e si ripetono in molteplici ed infiniti filari.
Ci sono edifici in legno che ospitano statue del budda dorate ed edifici di una bellezza disarmante pieni di lampade di carta, in un padiglione
un pò in disparte c’è anche una statua di un monaco risalente al 699 ancora ben conservata.
Il tempio è stato ricostruito più volte dopo la distruzione avvenuta a causa dell’invasione giapponese, ma è tornato al suo aspetto originale e mostra ancora tutta la sua magnificenza.
È uno dei templi più belli della Corea del sud e nemmeno la giornata afosa e la nostra stanchezza riescono a sminuire.
Siamo molto stanchi ma non ci possiamo arrendere, dopo aver riposato su di uno scalino in pietra all'ombra di un corridoio dal tetto spiovente, con altri turisti che come noi stavano cedendo il passo, e dopo aver terminato le scorte di acqua, ci siamo rialzati per affrontare un percorso esterno che ci avrebbe portato a vedere il
Seokguram Grotto.
Un tempio patrimonio unesco, scavato nella roccia dove si può ammirare la statua di un Buddhà di molto famosa.
Per salire fino al tempio c’è un percorso a piedi di circa 2,4km o un autobus che passa tra un'ora, scegliamo di aspettare l'autobus seduti a bordo strada perché siamo troppo stanchi
per pensare di fare altri passi sotto il sole con l'afa e senza acqua ne energie residue.
L'autobus ci impiega circa 20 minuti, percorrendo una piccola stradina piena di tornanti stretti che si inerpica in ripida salita fino al parcheggio del tempio.
Per arrivare al tempio vero e proprio bisogna percorrere un largo sentiero nel bosco, lungo quasi un chilometro, ma per fortuna all'ombra degli altissimi alberi si sta bene e riusciamo
a percorrerlo senza troppa fatica, ritrovando l'energia trasmessa da tutti quegli alberi secolari e rigogliosi, ed lasciandoci inebriare dal canto delle cicale morenti.
Non sembra ci sia molto da vedere qui sopra, a parte un primo edificio superiore che si raggiunge tramite una ripida scalinata che è contornato da una pensilina in metallo dove hanno
appeso un numero infinito di lanterne di carta colorata, che oltre a fare ombra offrono un piacevole spettacolo di colori cangianti.
Dopo un ultima salita su gradini di roccia si raggiunge finalmente, l'unico edificio degno di nota, quello che dall'esterno sembra un piccolo ed insignificante tempio in legno costruito appoggiato ad una roccia.
Quando si entra nel tempio, ci si accorge però di tutta la sua particolare bellezza e del fascino incredibile che emana questo piccolo capolavoro, ricavato scavando direttamente la roccia.
Ci avvisano in ogni modo che all'interno non si possono fare ne video ne fotografie e che dobbiamo fermarci poco tempo per non ostruire gli altri visitatori che aspettano di entrare.
Il tempio si sviluppa in profondità verso l'interno della roccia e si allarga poi in una zona circolare posta sul fondo che incornicia la magnifica statua di pietra di un buddha seduto.
Ai lati dell'ingresso nella roccia, ci sono dei bassorilievi dei guardiani del tempio e sul fondo, prima di arrivare alla statua principale ci sono due colonne in pietra sempre scavate dalla roccia che fanno da cornice.
Non ci si può avvicinare ne entrare nella parte interna, ma bisogna osservarlo da lontano. Sotto la statua c'è un piedistallo scavato nella roccia che rappresenta un fiore di loto che si apre.
Tutto intorno al budda ci sono delle statue in bassorilievo che non sono visibili dal punto in cui siamo e che credo non potrò mai vedere.
È uno spettacolo talmente affascinate che non vorresti andar via e ci sarebbe bisogno di una sedia per restare un attimo li fermo ad ammirarne i dettagli, ma ci sono regole ferree ed altri
turisti che devono vederlo, così bisogna uscire e lasciare il posto.
Non posso in nessun modo mostrarvi la bellezza del tempio per il divieto assoluto di fare foto e video, ma sono sicuro che se cercate online ci saranno di sicuro le immagini girate dell’Unesco
o da qualche fortunato e privilegiato che ha potuto immortalarlo.

Scendendo dal tempio riprendiamo l'autobus dove l'anziano alla guida crede di essere in formula uno, guida con una sola mano tiene il volante e
sui tornanti stretti ed in ripida discesa, allarga la curva puntando verso il baratro per poi stringerla di colpo, quasi come a voler far scodare l'autobus che sembra seguirlo perfettamente nella sua folle corsa.
Deve aver preso la pantete in qualche pista automobilistica o essere un appassionato di formula uno, che confonde il servizio pubblico con una gara automobilistica.
Anche qui a Gyeongju il mercato cittadino è enorme e non è mai del tutto chiuso, molti negozietti con il cibo sono aperti fino a tardi e le vecchiette che vendono la frutta per strada sembrano ancora attivissime.
Entriamo in uno di questi mini localini per prendere i soliti Topokki, una specie di crema di zucca ed un piatto di radici marroni caramellate, solo che è veramente zozzo ed un po’ ci fa passare la voglia e la fame.
I Topokki sono buoni, ache se la salsa piccante troppo liquida, ma il resto è troppo dolce, quasi disgustoso, anche il brodino che ci hanno offerto le anziane proprietarie non è piacevole da bere, insomma la prima vera delusione culinaria del viaggio.
Andiamo via senza neanche finire tutto e nemmeno il prezzo ci sembra onesto come il solito, anzi per essere una bettola, 16000 won () ci sembra davvero un prezzo eccessivo.
Per recuperare, ci infiliamo in un locale di spiedini e birra, una catena Giapponese che si chiama Tudari. Ordiniamo degli spiedini misti ed una birra, che ci vengono serviti dopo una lunga attesa.
Nemmeno gli spiedini sono fantastici ed il prezzo non troppo economico, insomma una serata da dimenticare.
Tornati al villaggio scopriamo che la vita notturna si è scatenata, c'è molta gente per le strade ed un concerto rock giovanile pieno di ragazzi molto educati ed allegri.
Per un po' restiamo ad ascoltarlo, ma poi ci prende una tale stanchezza che vogliamo solo tornare in camera a dormire.
La signora è chiusa in casa e c'è silenzio, cercando di non farci sentire abbandoniamo le scarpe sul balconcino e ci infiliamo in camera.
Ci mettiamo i pigiami e ci abbandoniamo sul basso materasso poggiato direttamente sul pavimento, che si rivela stranamente comodo.
Collegamenti Multimediali
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