Mentre fuori è ancora buio pesto ci servono la colazione, dandomi l'impressio di avercela quasi fatta a superare anche questo ulteriore volo. L'omelette è molto buona e sono talmente affamato che chiederei volentieri un bis, ma mi sembrerebbe una richiesta scortese, così evito e comincio a rimettere le scarpe.
Alle prime luci dell’alba l’aeroplano scende lentamente su Seul, mentre io comincio a riprendere colore e si affaccia in me l’idea di essere finalmente in vacanza e di nuovo in Oriente, dal finestrino e dalle telecamere di bordo, si notano le coste frastagliate e centinaia di isolette che costeggiano la zona.
Sulla destra un ponte di una lunghezza impressionante attraversa tutto lo specchio d’acqua, sembra non avere un inizio ne una fine per quanto è lungo.
L’aereo tocca dolcemente terra, poi rallenta in maniera abbastanza delicata e si incanala nei vari percorsi a terra di un aeroporto gigantesco.
Il sollievo per aver toccato terra è immenso, ma non sono emozionato come quando atterriamo in Giappone, per ora questa nazione deve ancora conquistarmi, ne so poco e niente e resto dubbioso su quello che ci aspetta, tra l’altro vedo questo viaggio come un ripiego per il costo eccessivo che avrebbe avuto organizzarlo in Giappone ora che è diventato la moda del momento.
Per essere sicuri di poter pagare le bettole o i ristoranti non forniti di carte di credito e per pagare le piccole cose abbiamo deciso di cambiare 400€ in contanti a testa. Il cambio ad una delle banche presenti nel aeroporto è stato talmente veloce che non ho capito niente, nemmeno quanto ci hanno dato in cambio. Facendo due conti dovremmo aver cambiato ogni euro a 1256 Won commissione inclusa, il che sembra conveniente, ma fino a che non faremo delle spese e non ci renderemo conto del costo della vita, non posso affermarlo con certezza.
Il primo incontro con un dolce coreano non tipico è interessante, un pane al burro ripieno di dolci fagioli Azuki e sopra una crosta di zucchero molto farinosa, un dolce piacevole e non stucchevole, che mi fa ben sperare per i giorni a venire.
Per la connessione abbiamo ordinato delle sim dall’Italia e ritirate al 3 piano in aeroporto, le abiliteranno solo dopo le 9:00 quando apriranno gli uffici, intanto c’è il Wi-Fi gratuito dell’aeroporto per avvisare tutti che stiamo bene e senza il quale non si potrebbero attivare le sim dati appena ritirate.
L’aeroporto è enorme, per fortuna ci sono punti di informazione dove parlano un ottimo inglese, o perlomeno un inglese che riesco a comprendere perfino io.
Per non annoiarvi e non sembrare ripetitivo e di parte, cercherò di non fare paragoni con il Giappone per ogni cosa che vedo, anche se quello è il paese orientale che conosco meglio e dove sono andato spesso in vacanza.
Almeno per le altre volte, lo giuro, ma per questa volta devo proprio farlo e dirvi che in Giappone non capisci mai quando ti parlano in inglese, qui sembra di si, almeno in aeroporto. Scusate, è l’ultima volta che faccio un termine di paragone.
Per prendere treni, metro ed autobus vari, conviene farsi una card t-money, le vendono precaricate nei distributori automatici, oppure la potete comprare scarica nei negozi 24 ore presenti ovunque. Per caricarla ci sono le macchinette automatiche, basta poggiarla nell’apposito spazio ed infilare i soldi, come per magia sarà pronta all’uso.
Dall’aeroporto ci sono vari treni che arrivano a Seoul, prendiamo quello all stop train, è facile trovarlo seguendo le indicazioni in aeroporto e costa molto meno di quello espresso che salta molte delle fermate.
Qui sembrano tutti molto indaffarati e di corsa, però nel attendere il treno, già una ragazza coreana mi ha regalato un sorriso, io ho ricambiato, ma Simona no lo sa, lo scoprirà quando leggerà questo diario. In realtà me ne a regalato anche un secondo, meglio che smetta di guardarla.
Qui a Seoul sembra andare di moda il ventilatore portatile, almeno tra le ragazze, ne hanno tutte uno e si ventilano in continuazione il volto, il collo e la testa, non riesco a capire per quanto tempo possa funzionare senza scaricarsi, ma con questo caldo afoso deve essere sicuramente comodo.
Le persone parlano al telefono anche in metro e nei treni, ma non fanno troppa confusione, molti dormono tranquilli per poi risvegliarsi come per magia alla propria fermata, ma la maggior parte di loro sta attaccata allo smartphone, immersa in un modo virtuale che forse li porta lontani dalla realtà quotidiana che deve essere per tutti molto noiosa.
Dal ponte che attraversa il fiume si vedono degli agglomerati di altissimi edifici, sono spaventosi e stretti l’un l’altro, così impetuosi si impongono con forza tra il paesaggio naturale dei monti e delle insenature del fiume. Sono terrificanti e minacciosi e mangiano lo spazio con il cemento, cancellando la vista del sole per chi ci abita dentro o nelle immediate vicinanze.
C’è una foschia rosso verdognola che avvolge l’orizzonte in qualsiasi direzione, è una fantastica nube di smog che non abbandona mai la città, una costante sulla quale fare affidamento, al punto da diventare quasi confortevole.
La linea metropolitana che prendiamo per raggiungere la zona dell'albergo è piena come un carro bestiame e molti puzzano di aglio, cominciamo a sospettare che non faccia tutte le fermate, ma che si tratti di una linea metro espressa.
Qui non chiedono permesso, spingono senza dire una parola, spingono così tanto fino ad occupare ogni minimo centimetro libero, un Tetris di corpi schiacciati l’uno sull’altro che non ha vie di fuga. Meno male che non rubano, perché non potrei nemmeno muovere un solo braccio e raggiungere la tasca o lo zaino che sono esposti chi sa a quante mani straniere.
Il nostro hotel è quasi alla fine di una faticosa salita, partendo dalla fermata della metro, diventa una vera impresa trascinare lo zaino ed il trolley lungo il marciapiede, con il caldo afoso. Considerando che non dormo da 2 giorni interi, tra viaggio aereo e notti insonni precedenti il volo, arrivo alla porta dell'albergo in condizioni pietose di stanchezza fisica e mentale.
Lasciamo i bagagli alla reception in attesa che si facciano le 13:00, perché essendo una catena giapponese sono così fiscali da non darci la camera fino all'ora prevista, anche se pronta.
Approfittiamo dei divanetti e del Wi-Fi per attivare finalmente le schede dati, con una procedura abbastanza complessa, ma che ci da finalmente la possibilità di essere online anche fuori dalle stazioni e gli hotel.
L'hotel DormyInn ha anche una navetta gratuita che porta in centro, così ne approfittiamo subito per farci portare nella via più famosa e frequentata di Seoul, senza dover riprendere la metropolitana.
In giro non si incontrano europei o americani, ma solo asiatici, dai tratti molto assomiglianti tra loro, non riesco facilmente a distinguere i coreani dai giapponesi, ma spesso riesco a capire quando la persona che ho davanti è cinese.
Seoul è un alternarsi di grattacieli moderni ed imponenti con strade completamente piene di vecchi e piccoli palazzi decadenti e segnati dal tempo.
Ovunque ci sono negozi di cosmetici, è una mega fiera dello shopping e non potete fare a meno di essere fermati dai buttadentro dei negozi di maschere da viso che sono un'infinità. Ti agganciano facendoti un regalo, se decidi di entrare nel negozio ed alla fine sei psicologicamente spinto a comprare almeno una cavolata. Tutto sommato sia in negozi di abbigliamento che quelli per la cura del corpo mi sanno di già visto, dopo tanti anni che sono stato in vacanza a Tokyo non mi sembrano più una novità.
Qui sono presenti tutti i rami della cucina orientale, è pieno di ristoranti cinesi e ristoranti che fanno cucina giapponese, tanto che non si distinguono da quelli coreani, chiunque fa piatti provenienti dalle varie culture orientali e li mischia abilmente in ristoranti che possono essere definiti orientali e basta.
Sotto le fermate della metropolitana ci sono immensi corridoi di vecchi negozi decadenti e moltissime bettole del cibo, si vede molti di questi posti sono rimasti fermi agli anni 70 e da allora non hanno mai sentito la necessità di trasformarsi o rinnovarsi, anche perché sono spesso gestiti da anziane signore che sono invecchiate insieme con il proprio locale. Questi sono i locali che per me hanno un fascino eccezionale ed è una fortuna che resistano ai tempi che cambiano così in fretta.
All'esterno si respira un'aria decisamente troppo calda che ad ogni respiro riempie i polmoni fino a toglierti il fiato, forse è stato un errore decidere come meta una così grande città, dove l'aria circola poco ed i condizionatori installati ovunque contribuiscono ad innalzare ancora di più la temperatura esterna.
Come prima impegno della giornata andiamo a visitare un tempio, pare sia il più famoso qui in città, il
Jogyesa Temple (조계사), si trova proprio in mezzo agli altissimi palazzi cittadini, tanto che fino a che non si arriva nelle immediate vicinanze non si riesce a scorgere.
Il tempio è formato da molti edifici, disposti tutti vicini, con al centro il padiglione principale, dove tutti si recano per le preghiere, intorno ci sono altri edifici usati per corsi ed attività di gestione dei fedeli.
Non esiste nessuna scritta in inglese ne degli addetti, quindi nemmeno riusciamo a capire se bisogna o meno pagare un biglietto di ingresso, accodandoci ad altri curiosi e fedeli entriamo nel cortile.
Nel edificio principale ci sono tre Buddha d’oro e migliaia di lanterne di vari colori che pendono dal soffitto fino a nasconderlo completamente alla vista, è uno spettacolo meraviglioso ma non vogliamo disturbare i fedeli e quindi ci limitiamo a restare sull’uscio.
Tutti pregano, nessuno è come noi un turista curioso, tanto da farci sentire in colpa ed estranei a quel mondo mistico.
Sono quasi tutte donne che vendono al tempio per passare delle ore in preghiera, qualcuno ha perfino portato il giornale e lo legge con tranquillità mentre gli altri continuano a recitare i Sutra a bassa voce.
Noi decidiamo di allontanarci con discrezione, senza fare rumore ne dare nell’occhio, quasi come se fossimo invisibili, sgattaioliamo verso l’uscita.
Di fronte al palazzo reale
Gyeongbokgung, troviamo un piccolissimo ristorante che credo si chiami Myeong-dong noodles, si trova al primo piano di un palazzo un po’ trasandato ed è gestirò da quattro anziane signore che non si fermano mai.
Il kimchi è fatto in casa ed è gratis, se ne può prendere a volontà, pure i sottaceti e l’acqua sono all you can eat, mentre le zuppe si pagano. Io prendo una sorta di zuppa con verdure e carne l'equivalente di un brodo di maiale con verdura, Simona invece prende una zuppa bianca fredda molto interessante, con dentro spaghetti, verdure e ghiaccio. Mangiamo molto bene e spendiamo l'equivalente di 12€ in due, una cifra ridicola.
Oggi a Seoul ci sono 45 gradi percepiti, si suda che è una meraviglia ed ho capito che se non avvistate prima vi servono piatti talmente piccanti che uscirete lacrimando, ormai non dormo da 48 ore circa e mi stavo addormentando sotto il portale del palazzo reale.
Il palazzo è immenso, sembra la città proibita cinese, i sottotetti sono tutti decorati con splendide tinte pastello, di verde, blu ed un rosso vermiglio, la parte superiore è grigio scuro.
Il palazzo e tutti i suoi edifici sono enormi, ci vuole molto tempo per visitarlo completamente, ma fa così caldo che rinunciano perfino a visitare la sala da tè tradizionale, pur di tornar in albergo a cambiarci completamente con abiti puliti ed asciutti.
La doccia è stata fatale, ci siamo poggiati un secondo sul letto e siamo sprofondati in un sonno profondo, per fortuna Simona aveva puntato una sveglia dopo due ore, altrimenti non saremmo nemmeno usciti per cena.
Stanchi morti ci siamo trascinati per le afose strade, senza però allontanarci troppo dalla zona dell’albergo.
Anche il quartier Gangnam è carino, pieno di strade con insegne colorate ed un bombardamento visivo di cibi di mille tipi diversi che ti costringe a non saper cosa scegliere. Ad ogni piano dei palazzi c’è un ristorante che fa decine di piatti diversi, c’è una scelta che non esiste nelle altre parti del mondo.
L’unica cosa brutta è che in queste stradine pittoresche passino le auto e bisogna continuamente spostarsi per non essere investiti da autisti anche molto aggressivi e maleducati.
Stasera tocca al pollo fritto, ci infileremo in un posto a caso per provare questo piatto importato dall'America che è diventato un piatto tipico.
Ci siamo infilati nel caos di un locale dove i tavoli sono attaccati e tutti urlano, per fortuna servono vagonate di pollo fritto ed insalate e ci lasceremo cullare dal cibo.
Ci servono un vassoio di frittura gigantesca, talmente asciutta da non ungere le mani ed accompagnata da una salsa piccante agrodolce e da una maionese mista a mostarda che la rende ancora più buona.
Devo ammettere che quanto dicevano nei documentari sulla Corea è vero, il pollo fritto è davvero buonissimo, dal sapore speziato, croccante e molto aromatico, è uno di quei piatti da non perdere e poi si può ordinare a domicilio, lo portano anche in albergo.
Anche le patatine tagliate a mano, sono ottime, solo che la quantità è troppo esagerata. Nonostante questo piccolo dettaglio, non abbiamo fatto prigionieri ed ora restano solo i sensi di colpa e la pancia piena per una spesa equivalente a 30€ in due.
I negozi anche in settimana chiudono dopo le 22:00, le strade sono sempre piene di gente che mangia alle bancarelle e fa shopping serale, sembra una società incentrata sullo shopping di turisti ed abitanti.
Qui a Gangnam i grattacieli sono enormi, spaventosi, vorrei mostrarveli in tutta la loro scura imponenza, ma servirebbe il cavalletto e l’ho lasciato in camera. Queste autostrade di vetrate verticali ti fanno sentire piccolo ed insignificante come una formica.
Non ho più la forza nemmeno di andare a rilassarmi nella vasca d'acqua calda della spa dell’hotel, voglio solo raggiungere il letto e sprofondare fino a domani quando ci sarà la colazione. Non accetterò nemmeno il Ramen serale offerto dall’hotel, vi faccio giusto vedere una cosa fighissima e poi vado a letto, dalla tv in camera si può controllare lo stato delle lavatrici automatiche.