Stamane la giornata è iniziata storta, ho un sonno incredibile, il lavello si è otturato e non si può sbloccare, scesi nella sala sella colazione ci hanno detto che bisogna aspettare dai 15 ai 30 minuti perché è tutto pieno.
Per una strana sensazione di volermi vendicare dell’attesa devo aver mangiato troppo, mi sono preso due vassoi pieni di favoloso cibo corano e giapponese, natto, kimchi, pesce e verdure grigliate, tofu, zuppe e tante di quelle cose che non riesco nemmeno a ricordarle.
La navetta gratuita dell’albergo ci sta portando in centro mentre mi si chiudono gli occhi e mi casca la testa dal sonno, forse 5 ore di sonno quando sono in vacanza non bastano o più semplicemente mi porto sulle spalle ancora il fuso orario del viaggio.
Fa un caldo colossale, ci sono 39 gradi ed un discreto grado di umidità, ma tutte le ragazze che incrocio per strada sembrano asciutte ed appena uscite da un salone di bellezza, sono spaventosamente magre, tanto da somigliare a degli omini di stuzzicadenti semoventi.
Per spostarci verso la nostra meta scendiamo a prendere la metro, qui ci si mette in coda su delle apposite frecce, alcune sono riservate agli anziani e gli invalidi, anche nel treno i posti riservati vengono sempre lasciati liberi, c’è davvero un alto grado di civiltà.
Il palazzo Changdeokgung, patrimonio Unesco è meraviglioso, resterei per ore ad ammirare la bellezza di questi tetti spioventi dai colori strepitosi, sono una strabiliante opera d’arte curata nei minimi dettagli.
Per avere un simile stato di conservazione, le strutture in legno richiedono una manutenzione e restauro continuo, non possono di certo essere abbandonate allo scorrere del tempo e le intemperie. Anche i colori per essere così vividi, saranno rinfrescati.
Fa un caldo che non ci aspettavamo di trovare qui in Corea, tanto che ho la sensazione che mi stia sudando anche l’anima, per questo, a meno che non siate molto motivati o costretti, non vi consiglio di intraprendere questo viaggio in piena estate. Ci vuole proprio un grande spirito di adattamento ed un’abitudine alla sofferenza fisica.
Dopo qualche ora, siamo finiti come gli anziani, cosa a cui siamo prossimi, seduti su una panchina dietro le mura a boccheggiare e rimirare il parco circostante il palazzo.
Con il biglietto cumulativo di 10000 won, circa 8€, li visiti tutti i palazzi di Seoul, alcuni sono molto vecchi e non hanno cose particolari da vedere, ma sono belli esteticamente, perfettamente incastonati nell’ambiente e circondati dal verde. Se si ha la pazienza di aspettare gli orari di visita, si può entrare nel giardino segreto con la guida in inglese, è davvero un posto fantastico, anche se bisogna camminare per altri 50 minuti e salire e scendere scale, come sempre nei vecchi palazzi orientali.
Simona per qualche motivo ha ammaestrato una farfalla enorme che si è portata sul braccio per tutta la visita, una cosa curiosa visto che normalmente scappano.
Spiaggiati anche sui tavolini del bar ristoro vediamo arrivare un gruppo di ragazze di colore americane che indossano gli abiti tradizionali coreani, sono fantastiche, tutti si fermano a fare una battuta e scambiare qualche parola con loro, qualcuno anche a fotografarle, io ho paura che possa sembrare un tantino razzista come approccio, farle notare che sono strane con gli abiti coreani, quindi mi vergogno a fotografarle.
Grazie alla visita guidata abbiamo scoperto che in passato, qui in corea avevano un sistema di riscaldamento a pavimento con dei canali in cui facevano circolare acqua sotto le abitazioni, in modo da trasmetteva il calore ai pavimenti di pietra che si riscaldavano, per questo le persone vivevano sedute sul pavimento e facevano tutto da terra.
Questa antica tecnica di riscaldamento medievale è rimasta in uso fino a non molti anni fa tanto che nelle case anche la televisione si guardava stando seduti per terra, poi la sfrenata evoluzione della città moderna ha portato le sedie, i tavoli alti e le comodità moderne facendo sparire questi pavimenti che oggi sono presenti solo nei villaggi storici ed in case molto vecchie.
Tornati nel caos delle strade assolate, mi accorgo che il traffico è un tantino eccessivo e che molti guidano in maniera nervosa e prepotente, i motori, per un motivo che mi sfugge, attraversano tutti, gli incroci, passando sulle strisce pedonali e sui marciapiedi, tanto da doverci stare attenti, deve esserci un codice della strada molto particolare.
Qui a Seoul, il villaggio Hanok è più che altro una zona commerciale, nelle vecchie case è possibile assistere ad alcune esibizioni pittoriche degli abitanti che sono tutti un po’ aritsti, mentre tutto intorno ci sono negozi dove poter comprare cibo di tutti i tipi, da quello veloce di strada a veri e propri ristoranti.
Mi sto innamorando dei te di radice, mi piace berli freddi in qualsiasi ora del giorno, perché hanno un gusto delicato e dei retrogusti fantastici, questo di burdock sa di caramello e noci. Il burdock non sarebbe altro che la radice di Bardana, una radice che si trova anche da noi in erboristeria e che ha molte proprietà depurative per l’organismo.
Ho imparato anche la tecnica di entrare nei locali con l’aria condizionata a manetta, per mettermi fermo immobile sotto i bocchettoni fino a fare asciugare tutto il sudore della maglietta, senza prendere nemmeno la bronchite, dato che lo fanno tutti non può essere così dannoso.
In una zona un tantino più vecchia, dove i vicoli sono stretti e le casine basse, abbiamo trovato dei locali davvero strani, dove i cuochi cucinano con cucine di fortuna costruite nel vicolo e servono poi i piatti in locali vecchi e decrepiti. E’ tutto favoloso e molto folcloristico ma non riusciamo a trovare il coraggio per entrare.
Tra tombini puzzolenti e vapori di pentole giganti che ribollono, anziani signori appaiono tra i vapori per pescare qualcosa nelle pentole, poi spariscono nei locali quasi senza accorgersi della nostra presenza curiosa e stupita.
Nei locali ci sono molti clienti, spesso i tavoli sono così bassi che devono tutti sedersi per terra, sono normali impiegati in pausa o anziani che si riuniscono per il pranzo, ma non ci sono turisti, forse noi siamo gli unici a girare in questi vicoli, tanto da risultare come dei fantasmi.
Hanno un fascino questi posti che nessun ristorante moderno può avere e la clientela è tutta coreana, ma giovane e mai vestita alla moda.
Decidiamo di passeggiare fino all’ora di cena, visitando enormi centri commerciali straboccanti di capi di abbigliamento e vicoli zeppi di bancarelle confusionarie, tanto da perdere la cognizione dello spazio e del tempo e ritrovarci affamati a cercare un posto dove mangiare.
Ci incuriosisce un vecchio locale gestito da alcuni anziani signori, in un quartiere di cui proprio non ricordo il nome ne la posizione. Per terra il pavimento è ruvido, una specie di pietra scura e scomposta, i tavoli sono tavolacci lunghi di legno così come anche le panche su cui bisogna sedersi. Intorno a noi i clienti sono tutti anziani e noi siamo l’eccezione.
Gli antipasti sono come sempre offerti e si può richiedere il refill infinite volte, anche l’acqua fredda è sempre offerta dal locale, quindi si deve pensare solo ad un piatto unico e se si vuole ad un alcolico da bere.
Sul fondo del locale c’è un bancone alto dietro il quale si muovono i cuochi anziani con una velocità impressionante, prendiamo una birra, ma come le altre provate fino ad ora risulta un tantino leggera ed asprina, da consumare giusto come accompagnamento al pasto.
Il pollo al ginseng è ottimo, uno dei piatti tipici della Corea, si scioglie in bocca con tutte le ossa, rese tenere dalla cottura prolungata, ma ho scoperto che quello che diventerà uno dei miei piatti preferiti al mondo è il Bulgogi, l’equivalente del Nikujaga giapponese. Straccetti di carne cotti in padella con cipolla e qualche cosa che gli dona una nota dolciastra, mangiato con del semplicissimo riso bianco è per me un piatto orgasmico.
Dopo la cena, con la pancia piena non ci resta che ritornare in albergo per sprofondare in un sonno profondo.