In un giorno di primavera di tanti anni fa, dopo essere uscito dal più traumatico degli eventi che avesse impattato con la mia vita, presi una decisione che avrebbe cambiato ogni cosa del mio futuro.
Per uno stupido incidente avvenuto in una giornata di pioggia, finì in ospedale con la testa rotta. Ci vollero un bel poí di punti di sutura e cinque giorni di ricovero per trauma cranico per rimettermi in sesto fisicamente.
Almeno così credevano i medici quando dissero che potevo tornare alla mia vita di sempre. In realtà oltre ai mal di testa e gli abbagliamenti alla vista che da allora non mi hanno più abbandonato la frattura più grande avvenne nella mia testa.
Quando credi di stare per morire e poi in qualche modo ne vieni fuori la prospettiva dalla quale guardi la vita cambia completamente.
Cominci a capire che cosa conta veramente per te e per un poí riesci ad apprezzare le piccole cose della vita illudendoti che bastino a darti la felicità.
Questo stato di grazia in cui ti basta svegliarti la mattina e guardare la luce del sole per essere felice in realtà non è così persistente. La natura incontentabile dell'uomo prima o poi ritorna a bussare alla finestra e quando meno te l'aspetti finisce che apri e la lasci entrare.
Con l'arrivo delle prime calde giornate di primavera, i miei pensieri accelerarono e l'idea di continuare a passare tutti i giorni della mia vita in quel triste ufficio, con lo sguardo immerso in righe di codice informatico diventò insopportabile.
Erano sette anni ormai che lavoravo come programmatore a tempo indeterminato in una società divenuta di proprietà di Lottomatica. Avevo cominciato facendo il tecnico informatico, un lavoro che mi era sempre piaciuto per poi finire dietro una scrivania sfruttando le mie doti innate di programmatore che già nella mia scuola di informatica imbarazzavano professori e compagni di classe.
Sette anni lunghissimi che avevano spento del tutto la mia voglia di vivere e divertirmi, il mio desiderio di fare nella vita qualcosa che mi mettesse allegria, qualcosa da affrontare con il sorriso sulle labbra ogni giorno per tutta la vita.
Quel mestiere alienante di programmazione spegneva ogni mia vena poetica al punto di aver rinunciato ad una delle mie passioni più grandi, la scrittura.
Decisi così nella maniera più frettolosa ed irresponsabile che si possa immaginare che avrei cambiato la mia vita. Nel giro di qualche giorno in accordo con la direzione dell'azienda ed in disaccordo con la mia compagna di vita ed i miei genitori decisi di licenziarmi.
Avrei preso una pausa di riflessione dal lavoro di programmatore, sarei tornato a scrivere poesie e racconti da pubblicare in un libro, e mi sarei trovato un lavoro divertente e dinamico che mi avrebbe permesso un contatto diretto con la gente.
La mia storia d'amore viveva il momento migliore, la mia compagna aveva preso casa nella mia stessa cittadina, l'avevo aiutata ad arredarla, avevo trasportato infiniti cartoni di mobili ikea ed assemblato per giorni pezzi di stanza. Mi ero arrampicato sul tetto per montare la parabola, avevo sistemato il camino che non ne voleva sapere di tirare e mi ci ero trasferito insieme a lei e la sua coinquilina di sempre.
Tra liquidazione, TFR e buona uscita avevo un bel poí di soldi che mi permettevano di sopravvivere un bel poí senza dover lavorare. Erano anni in cui trovare lavoro non sembrava uníimpresa impossibile come adesso così non mi preoccupai più di tanto e finì per adagiarmi alla situazione.
Avevo spinto la mia ragazza nello studio del canto a livello professionistico date le sue eccezionali doti canore e la seguivo nel tentativo di costruirsi una carriera musicale.
Eravamo spesso in sala prove con i suoi gruppi ed in giro per locali a procurare serate, stavo studiando da autodidatta come tecnico del suono e cominciavo a cavarmela bene tra fili, microfoni, casse e le levette dei mixer audio.
Quasi ogni pomeriggio accendevo il camino e restavo rapito a guardare la fiamma ondeggiare nell'aria in attesa che la cena fosse pronta. Poi dopo cena insieme finivamo a guardare la televisione sul divano. In realtà ero io a guardare la televisione, lei dopo un poí crollava ed andava di sopra a dormire lamentandosi del fatto che non la seguissi a letto.
Adoravo restare sul divano fino a tarda notte, addormentandomi davanti a film sconosciuti sapendo che di sopra avrei trovato un letto riscaldato ed il suo corpo caldo da abbracciare.
Sembrava tutto così perfetto da non poter durare a lungo.
Il libro che avevo ripromesso di scrivere restava incompiuto, una raccolta di poesie giovanili intervallata da prose che raccontavano episodi significativi della mia vita sembrava non interessare a nessun editore se non a pagamento.
La ricerca di un nuovo lavoro era diventata svogliata ed incostante, mi adagiavo sempre di più su quella vita di serate canore nei locali e sale prova.
Mi piaceva così tanto quella vita, fatta di amore, serate di musica, l'odore del camino e le cene con gli amici che non avevo più niente da chiedere alla vita.
Avevo inseguito senza pensarci i miei sogni e ci stavo vivendo dentro.
Per un poí è durata, a dire il vero almeno un paio di anni ho vissuto questa vita sognata, dimenticandomi che non si può vivere di soli sogni e che prima o poi si smette di sognare e ci si risveglia.
I miei risparmi cominciavano a scarseggiare, anzi erano proprio finiti, le serate nei locali non ingranavano più di tanto e comunque non avrei mai potuto chiedere soldi alla mia compagna ed al suo gruppo per il fatto l'aiuto che gli davo, guadagnavano così poco anche loro che me ne sarei vergognato.
Le litigate tra noi cominciavano ad essere troppo frequenti, lei mi chiedeva di trovarmi un lavoro ed io ci provavo ma la situazione sociale e politica era così compromessa da far si che la ricerca di un lavoro a Napoli diventasse una vera utopia.
Così come una secchiata d'acqua fredda in piena notte, mi risvegliai bruscamente dal mio sogno più grande, trovandomi senza più nessun appiglio se non quello della famiglia.
In maniera improvvisa la mia compagna mi lasciò, in un'estate del 2004 andò in vacanza dai genitori da sola ed io capì che da quella partenza improvvisa che si trattava di un addio.
Dopo l'estate mi ritrovai di nuovo a casa con i miei, da solo, senza un lavoro e senza soldi.
Continuare a studiare come tecnico del suono mi sembrava inutile. Era sbiadito perfino il sogno di aprire una sala prove ed uno studio di registrazione. Ormai non mi restava che mettermi di impegno e trovare un lavoro da dipendente.
Nel frattempo la società era cambiata radicalmente, gli anni di governo Berlusconi avevano trasformato il lavoro in un miraggio, specialmente a Napoli non riuscivo a trovare collaborazioni di uno o due mesi nel campo informatico che tanto odiavo.
Sconfitto nel cuore e nell'animo presi una decisione importante, trasferirmi a Roma dove ancora si trovare impieghi dignitosi a progetto.
Sono passati un poí di anni da allora e l'impegno mi ha ripagato con un nuovo lavoro stabile come programmatore.
Ho provato a cambiare vita ed inseguire i sogni ma la realtà è stata più forte della mia volontà di cambiare, mi ha nuovamente afferrato e stretto così forte da immobilizzarmi.
Le scelte fatte da qualcun altro sulla mia formazione scolastica ed il mio percorso di vita, mi hanno portato su questo lungo binario senza possibilità di svolta.
Tutta questa storia mi è però servita ad imparare la più grande lezione della mia vita, i sogni vale la pena di lasciarli chiusi nel cassetto, perchÈ se li realizzi non durano a lungo e quando svaniscono l'amaro che lasciano in bocca è insopportabile.
Sogno ancora di cambiare lavoro, di vivere con quello che scrivo e con le foto che faccio, sogno di lavorare come critico gastronomico o come reporter di viaggi. Vorrei dimenticare per sempre le trasferte in auto tra casa e lavoro e magari gestirmi il mio tempo a casa come meglio credo.
In un cassetto della mia memoria ho riposto tutti questi sogni. Un cassetto che apro ogni tanto nei momenti di sconforto per ricordarmi che esistono ancora i colori.
Poi lo richiudo bene a chiave e continuo nella mia solita vita con un pizzico di voglia in più.