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L'ultima pedalata dell'anno (2011)

pedalata
C'è un'atmosfera surreale in questa fredda giornata di fine anno. Nel cielo completamente azzurro splende un timido sole invernale.

Le strade sembrano deserte tranne qualche passante solitario ed un piccolo gruppo di auto dall'incedere incerto.

Con la mia bici pedalo verso il parco della pineta sacchetti, faccio una gran fatica, gli allenamenti invernali in palestra non sembrano avere effetto qui in bici.

Nel parco si respira un silenzio cosmico e non si vede anima viva, immagino di essere l'unico essere umano che ha pensato di fare sport nell'ultimo giorno del 2011. L'erba è compatta, di un verde così intenso da sembrare finta, i sentieri di terra che l'attraversano sono sodi di un marrone scuro, umidi e perfettamente livellati. Sembrano perfetti per lo scorrere rapido delle mie ruote.

Raramente vengo qui in inverno perché mi lascio impressionare dal clima freddo, invece è questo il periodo ideale per pedalare, non si suda tanto, si respira meglio, il terreno non è friabile e solcato come in estate e non c'è quella orribile vegetazione che nasconde i sentieri e mi graffia le gambe.

Scivolo via veloce e silenzioso sul sentiero che attraversa il palco. Non sento più la fatica e posso spingere sui pedali, mi alzo in piedi ed affronto ogni salita, poi mi abbasso e mi lancio lungo i sentieri in discesa.
La città sembra essere scomparsa qui nel parco, non ci sono più case ne strade e semafori, solo vegetazione, sentieri ed io con la mia bici ad attraversarli.
Il sentiero si inerpica su di un altura, mi arrampico fino in cima e mi fermo ad osservare la città con le sue case di freddo cemento, sembra lontana e morta, un ammasso di materia inorganica abbandonata oltre il margine del bosco. Si scorge la cupola di San Pietro che si pavoneggia tra gli altri edifici, sorrido e continuo a pedalare.

Incrocio un altro ciclista, mi saluta ed io rispondo. Ho imparato negli anni che siamo una razza cordiale ed educata.

Attraverso tutta la pineta fino al margine estremo, mi fermo nei pressi della fontana per appuntare su carta i miei pensieri.
Al sole sorseggio la gelida acqua di un nasone romano, poi guardo la strada oltre la pineta, le auto, l'asfalto grigio, le auto al semaforo, qualche passante che passeggia, i riflessi del sole nelle pozzanghere e penso che nonostante la stanchezza voglio provarci.
Mi lancio in strada giù verso San Pietro, voglio osservare la mia amata ed odiata città da dentro. Voglio vedere che succede l'ultimo giorno dell'anno, se la gente passeggia in centro o fà shopping nei negozi di Ottaviano, voglio guardare le bancarelle e godermi questa mattinata che volge al termine.

Ingrano la marcia più pesante che ho e mi lancio in picchiata direzione centro. So bene che tutta questa discesa la pagherò con gli interessi al ritorno ma non mi importa. In velocità l'aria è ancora più pungente ma ormai sono accaldato al punto che non mi da più fastidio.
Durante la folle discesa sento pezzetti di fango saltellarmi allegramente sulla schiena, si staccano dalle gomme tassellate che ora non trovano più terreno e fango ma solo ruvido asfalto.

Il centro è pieno zeppo di automobili e smog, faccio fatica a respirare. Penso a quanto sarebbero belle e vivibili le città senza auto.
Per poco un automobilista non mi ammazza girando improvvisamente a destra senza mettere alcuna freccia. Un altro quasi mi investe in una ripartenza violenta al semaforo. Lo ritrovo con il suo Suv cento metri più avanti incanalato al semaforo successivo e mi chiedo a cosa sia servito quel suo scatto esagerato se non a farmi rischiare la vita.

I negozi sono vuoti e la gente poca, tranne i turisti non è che ci siano poi tanti romani in giro, nemmeno il mercato della trionfale sembra passarsela meglio. Mi andrebbe un buon caffè ed una pizzetta ma ho dimenticato il portafoglio a casa.

Attraverso il ponte sul tevere, sembra immobile da secoli, uno specchio messo li per far si che i ponti ci si specchino. Arrivo in piazza del popolo dove le auto non possono entrare e subito mi sento meglio. Mi guardo intorno e vedo le magnifiche chiese gemelle che danno accesso a via del corso, la bellezza ed immensità di questa piazza mi ha sempre affascinato.
E' pieno di turisti che fotografano ogni pietra e che cavalcano i leoni di pietra che cingono la fontana centrale. Mi piace osservarli mentre un po' confusi e spaesati ammirano la città con il naso all'insù e la macchina fotografica nella mano.
Intorno alla piazza hanno montato una pista da running, sarà per la maratona di fine anno, ci sono sempre iniziative interessanti e poco partecipate in città.

Devo scegliere tra un giretto su via del corso o un arrampicata fin sopra la terrazza del Pincio.
Scelgo la seconda, adoro osservare le città dall'alto, mi dona un senso di piacevole malinconia romantica starmene in alto e guardare tetti, strade e quei piccolissimi esseri che si muovono lungo le strade come fossero formiche.

Salgo lungo il tracciato dedicato ai corridori che si inerpica dopo aver fatto il giro della piazza su fino al pincio. E' tutto transennato ma lasciano ancora passare i pedoni, me in bicicletta ed una sfrecciare di moto sportive sportive di grossa cilindrata che suonando all'impazzata il clacson passano a gran velocità tra i passanti mettendone a rischio l'incolumità.

Quando sono in cima arrivano i vigili con le loro moto, subito dopo i corridori, veloci ed affannati. Per un po' li osservo passare, poi mi stufo e vado ad affacciarmi alla terrazza su Roma.

Mi stupisce vederla tutta piena di impalcature per dei lavori di ristrutturazione. Per guardare giù resta accessibile una pedana rialzata di venti metri quadri dove centinaia di persone si accalcano e sgomitano.
Mando affanculo l'idea di affacciarmi alla terrazza del Pincio.
Ho fame e voglio tornare a casa, se questi maledetti runners che bloccano la strada smettono di passare posso riprendere la via di casa.

Ho di nuovo freddo e sono stanco, pedalo con meno volontà e forza di prima sbagliando più volte strada. Saranno 6 anni che vivo in questa città ma ancora non ho imparato le strade. Poi finalmente ritrovo una delle salite che può portarmi fino a casa e lentamente prendo a salire. Quando arrivo a casa sono a pezzi, stanco ed affamato ma felice di aver scelto di passare l'ultima mattina del 2011 in bici per roma piuttosto che in quella noiosa palestra.


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