Quando iniziò la mia esperienza di vita a Roma ero come tutti gli altri emigranti napoletani, sospeso tra due città. Lavoravo e dormivo qui a Roma ma tutti i miei affetti, gli amici e la vita restavano a Napoli.
Ogni fine settimana prendevo il treno e scappavo giù verso il mio passato. Era un continuo correre avanti ed indietro tra due vite separate, che portava a non avere amici qui a Roma ed allontanarmi sempre di più da quelli napoletani.
La situazione diventava sempre più insostenibile ed io mi sentivo sempre più solo e fuori luogo in entrambe le città.
Non potevo continuare a vivere nel ricordo di quello che era prima, ne sperare un giorno di tornare indietro.
Roma mi piaceva ed era il momento di farla diventare la mia città in tutto e per tutto. Almeno fino a quando ci sarei rimasto, avrei dovuto vivere da Romano.
Smisi di partire nel fine settimana e cominciai questa difficile avventura dell'integrazione sociale.
L'integrazione inizia dai weekend, bisogna trovare qualcosa che riempia le vuote giornate del fine settimana.
Mi ritrovai così tutti i sabato sera a cenare da solo in una casa vuota. La casa che condividevo con altri tre emigranti del sud, nel fine settimana si svuotava, tutti partivano per inseguire le loro vite precedenti mentre io ero li ad affrontare la mia nuova vita.
Il sabato sera avevo sempre un paio di peroni a farmi compagnia.
Dopo aver cenato con una fettina di carne in padella, qualche verdura e le patatine sorriso cotte nel tostapane mi rintanavo nella mia stanze, mettevo un po' di musica e cominciavo a bere.
Pensavo alla mia vita e quante cose erano cambiate nell'ultimo anno, la ragazza mi aveva lasciato, avevo cambiato lavoro, avevo cambiato città ed ora vivevo da solo. Non c'era più nessuno a prendersi cura di me, dovevo lavare i panni, stenderli, stirarli, cucinare, lavare i piatti e perfino pulire la mia stanza ed a turno il bagno la cucina ed il corridoio di casa.
Alla seconda birra, i pensieri divenivano sfuggenti, non riuscivo più a controllarli, vagavano tra i muri di quella stanza decadente per poi lanciarsi dalla finestra nel cortile interno.
Cominciavo a fantasticare sulla gente che abitava quel palazzone enorme, sulle probabili ragazze che abitavano le finestre illuminate di fronte alla mia. Fantasmi di vite lontane che avrebbero potuto intrecciarsi con la mia ma che vedevo solo per un attimo quando la sera attraversavano il cortile per poi sparire dietro il cancello di una qualsiasi delle scale interne.
Poi il mio pensiero andava alle puttane, quelle bellissime ragazze del nord europa che lavoravano sulla Colombo. L'enorme arteria cittadina sulla quale abitavo. Alcune le riconoscevo, erano talmente belle che non potevi fare a meno di guardarle quando gli passavi accanto. Pensavo che forse avrei potuto pagarne una, farla salire su a casa per farmi compagnia e per reprimere gli istinti sessuali di un uomo che si sentiva solo. Poi puntualmente rinunciavo a quell'idea, come se approfittare del loro corpo o lasciare che si approfittassero del mio denaro rappresentasse chissà quale reato immorale.
Chiudevo quella finestra sulla Colombo ritirando in casa i miei pensieri come si fa con i panni stesi la sera e cominciavo a girovagare per casa.
Con i sensi offuscati dall'alcol attraversavo l'enorme corridoio che dava sulle nostre stanze chiuse a chiave.
Mi era possibile accedere ai bagni, alla mia stanza e la cucina di uso comune, tutte le altre stanze erano sempre sigillate da grandi lucchetti colora argento ed ottone.
Lentamente un vuoto mi scavava da dentro fino ad avvolgermi completamente e far sparire ogni cosa intorno, una specie di buco nero generato nel mio stomaco riusciva a riempire di vuoto anche la mia solitudine.
Finiti i miei soliti giri casalinghi in cerca di chissà che cosa, non mi restava che richiudermi nella penombra della mia stanza illuminata dalla fioca luce di una lampada ikea.
Allora prendevo la mia playstation portatile e cominciavo a guardare vecchie serie tv fino a che il sonno non aveva il sopravvento sul tutto il mondo circostante.
La domenica mattina, di buon ora mi alzavo per aggredire la città. Mettevo il cappotto, la sciarpa ed il cappello, prendevo la mia macchina fotografica e me ne andavo in giro senza meta ne programma, alla scoperta casuale delle meraviglie di Roma.
A distanza di anni ho imparato a vivere pienamente questa città.
Mi sono fidanzato con una ragazza Romana, mi sono trasferito a casa sua ed ho trovato un nuovo lavoro distante da casa.
Ormai parlo romano al punto che se non lo dico difficilmente riescono a capire le mie origini ma continuo a tifare napoli perchË non potrei nemmeno immaginare di tifare per un'altra squadra.
Ho un gruppo di amici con cui vado a giocare a pallone il martedì, un gruppo di amici della mia ragazza con organizziamo le mangiate del weekend, un altro gruppo di amici con cui vado a pedalare fuori Roma la domenica mattina, qualche amico fotografo con quale di rado mi vedo per uscite fotografiche cittadine e qualche amico che vedo solo in palestra.
Quello che ancora manca nella mia vita, sono i veri amici, quelli su cui puoi sempre contare, ai quali puoi affidare le tue debolezze. Quelli non credo di averli mai trovati...