Ci siamo mossi di buon ora dalla deliziosa cittadina di Bishofshofen, con la solita scorta di carburante di ogni
colazione austriaca ed una magnifica giornata di pieno sole.
Faceva caldo, ma non eccessivamente, le nebbie dei giorni precedenti si erano completamente diradate ed un tiepido sole splendeva
alto nel celo terso. Ci aspettava una giornata intensa ed una tabella di marcia sempre esigente per i pochi giorni che avevamo deciso
di dedicare al viaggio.
Uscendo dalla cittadina ci si immetteva subito su un tratto di ciclabile semiasfaltata che attraversava la valle, costeggiando la
ferrovia. Uno spazio verde attrezzato con tanto di laghetto naturale, giochi per i bambini, pedane per pattinare e giocare con
gli skateboard ci davano l'arrivederci dalla cittadina.
Pedalando sulla striscia grigia di asfalto mi ha parecchio incuriosito la vista di un ragazzino, che si trascinava dietro un piccolo
cesto a rotelle, pieno di cose, aveva una tenda, l'ombrellone e tantissimi altri oggetti, si faceva accompagnare da un piccolo cane bianco con la
coda a batuffolo. A giudicare dalla quantità di cose che si portava dietro, aveva deciso di intraprendere da solo un viaggio lungo la ciclabile
oppure era scappato di casa per starsene un pochino da solo, non aveva più di 15 anni, sembrava volersi nascondere da occhi
indiscreti, tanto che ho dovuto fingere di fotografare il paesaggio per catturarne una sua immagine di fianco al laghetto dove
nuotavano le papere. Per un po' sono stato fermo ad osservarlo per capire qualcosa di più del suo insolito vagare solitario, ma poi
dovendo rincorrere simona che ormai era andata avanti da un bel po' di tempo, ho abbandonato l'idea del ragazzino e sono ripartito.
Una bizzarra figura mi ha superato sulla sinistra mentre me ne stavo assorto nei pensieri e rapito dal panorama circostante, un ragazzo
con pantaloncino aderente e maglietta sportiva, una fascia rossa tra i capelli, i bastoni da passeggiata tra le mani ed ai piedi un paio
di sci con le rotelle. Era la prima volta che vedevo uno sciatore asciutto, andarsene via in scioltezza su di una ciclabile, segno che
in austria, quando il tempo non lo permette gli sciatori si adeguano e sciano sulle rotelle.
Da lontano si cominciava a vedere il tetto a punta della chiesa di Werfen, che sempre rappresentava per noi l'avvertimento che finalmente
arrivava la città, alle spalle della chiesa sulla cima di una montagna si vedeva la bellissima fortezza di werfen, indicata sulla guida come luogo
di interesse turistico.
Per arrivare al centro della città, bisogna attraversare il fiume, e subito dopo la statale, ma per i ciclisti è previsto un sottopassaggio
della ciclabile che evita l'incrocio, simona non l'ha visto e si è lanciata in un attraversamento a raso della statale.
Sull'altra riva del fiume un gruppo di persone si preparava a lanciarsi con i gommoni lungo il fiume per fare rafting ma il sole ormai caldo
e la fretta mi hanno fatto desistere dal restare a guardare il momento in cui si sarebbero lanciati tra le acque increspate e veloci
del salzach.
Il cittadina di Werfen è piccolissima, un unica strada in salita che si allontana dalla statale per poi ricollegarsi poco più su, prima del castello.
Ci sono due modi per arrivare al castello, tramite dei ripidi sentieri oppure utilizzando la comoda ascensore obliqua che in pochissimo tempo ti
porta su fino dentro le mura del castello. Ho provato a proporre a Simona la salita a piedi per risparmiare i soldi dell'ascensore e per rivivere
un po' le sensazioni del viaggio trekking fatto l'estate precedente, ma dallo sguardo di Simona e le sue vaghe risposte ho capito che se l'avessi
trascinata su per il sentiero, ne avrei dovuto subire le conseguenti discussioni per tutto il viaggio.
Un unico biglietto di 14Ä includeva l'utilizzo dell'ascensore per salire e scendere, l'ingresso al castello ed il musei, la visita guidata e lo
spettacolo con i rapaci.
L'ascensore in pochissimi secondi ci ha portato nel castello, dove il sole pieno rendeva difficoltoso guardarsi intorno, nella prima piazza del castello un
piccolo chiosco di legno cucinava per i turisti, c'era poi una tenda per far esercitare i bambini al tiro con l'arco ed intorno alcune torri, di cui una
adibita a bagno che da subito decisi di visitare. Il bagno era moderno, non medievale, tranne le insegne esterne fatte in metallo su rame che
raffiguravano per gli uomini un uomo nell'atto di urinare ed era come al solito pulitissimo.
Cosa strana per un italiano abituato a trovare in qualsiasi posto dei bagni fetidi e puzzolenti, tanto che spesso nemmeno trovo il coraggio di entrarci
e mi trattengo fino al ritorno a casa. In tutta l'austria qualsiasi bagno, pubblico o privato è sempre pulito, c'è il sapone disponibile, l'asciugatore
elettrico, la carta igienica per pulirsi e non bisogna mai pagare o lasciare la mancia.
Stava per cominciare lo spettacolo di volo e quindi da un'apertura laterale della piazza centrale, una ripida discesa ci ha portato in una grande piazza
in discesa, una specie di bastione del castello, qui la gente si disponeva sulle panchine laterali e sui prati aspettando di vedere lo spettacolo,
sul lato alto della piazza c'erano gabbie e piccole casette in legno dove dimoravano i rapaci. Alcuni liberi ed altri chiusi in gabbia, forse per la loro pericolosità.
Dato il sole forte ho cercato di trovare posto sotto un muro esterno, con le spalle al sole, per riuscire a scattare qualche bella foto dei rapaci in volo,
commettendo il banale errore di voler fare tutto in modalità manuale.
Annunciati da musiche medievali e con tanto di abiti del tempo ed accessori in cuoio, sono arrivati gli addestratori, dapprima un uomo di una certa età ed
esperienza, poi due ragazzi più giovani ed infine una molto affascinante con dei bellissimi occhi azzurro cielo. Portavano dei larghi cappelli di cuoio dove nascondevano
i capelli e si riparavano dal sole, su una mano il guanto per far posare le zampe dei rapaci e nell'altro avevano una specie di corda con un peso di forma ovale che facevano roteare nell'aria per
impartire gli ordini agli uccelli in volo.
Lo spettacolo cominciava con un falco pellegrino alle prese con il lancio di un piccolo uccellino, il falco con una velocità incredibile si è alzato in volo
prendedo la preda e poi sparendo oltre le mura esterne del castello, veloce al punto che non ho fatto nemmeno in tempo a tenerlo nell'inquadratura.
E' stato difficile fotografare quei rapaci che sfrecciavano a velocità impressionanti tra la gente sbalordita ed oltre le mura del castello nella valle circostante,
tanto che per i primi minuti sono stato assalito dal panico di non riuscire a prenderne nemmeno uno, la macchina era troppo lenta nel mettere a fuoco e scattare, ed io nel
seguire la preda che veniva sempre troppo mossa.
Pensandoci un attimo su, ho deciso di rinunciare ai primi piani sulgli uccelli in volo, allargando la ripresa,
e di approfittare dei momenti di partenza ed atterraggio dalle mani degli addrestratori per cogliere in accellerazione o frenata i velocissimi rapaci.
Non avevo mai visto in vita mia un simile spettacolo, aquile, falchi ed altri rapaci si esibivano in voli acrobatici, catture di animali e passaggi tra un
addestratore e l'altro volando radenti sulle teste degli spettatori. C'è stato perfino un rapace che ha deciso di andarsi a posare nel prato in mezzo alla gente
che incuriosita gli si avvicinava per scattare fotografie, di sicuro una cosa voluta dallo stesso addestratore che per generare un pochino di tensione tra la
gente ha finto di aver perso il controllo del rapace, che se ne stava allegramente a saltellare tra la gente.
Se avessi potuto sarei rimasto a vivere in quell castello, per imparare l'arte di addestrare i rapaci, tanto mi ha affascinato la visione di quello spettacolo unico,
l'ambientazione medievale, i vestiti e l'atmosfera che si respirava nel castello.
Dopo lo spettacolo avendo perso di vista simona tra la gente nella piazza immensa, sono entrato da solo nel museo dei rapaci, prima che l'emozione scemasse per
avere qualche informazione in più sulle razze che avevamo visto volare, sugli addestratori, sui vestiti del tempo e tantissime altre cose di cui il museo era pieno.
C'era la storia di tutti i più importanti addestratori di tutti i tempi, tra cui rè, alcune regine, generali dell'esercito o semplici agricoltori di alcune regioni
della russia, con svariate varietà di rapaci imbalsamati e sospesi sulle teste dei visitatori.
Dopo un po', ho ritrovato simona che mi cercava sulla scalinata che portava alla piazza principale, stava per cominciare la visita guidata in italiano e dovevamo affrettarci.
Una giovane e simpatica ragazza era alla sua prima guida in italiano nel castello, si riusciva a percepire l'emozione che trasmetteva nei racconti dapprima singhiozzanti
e pieni di errori di pronuncia poi sempre più rilassati che in ogni angolo del castello declamava.
Un castello bruciato per tre volte dalle rivolte dei contadini
locali che è sempre stato ricostruito grazie alla ricchezza portata dal sale, abbondante in quelle zone, con alcuni punti dove il legno del pavimento scricchiolante era ancora
quello originario della prima costruzione.
Dal castello ricordo in particolar modo, la veduta su warfen e le valli sottostanti, con l'imponente montagna rocciosa che giganteggiava più in alto del castello da un lato e la campana
costruita ??? pesantissima, che per attraversare la valle fino al castello ci ha impiegato 30 anni. (verificare)
Finita la visita guidata, prima di ridiscendere e riprendere a pedalare ci siamo lasciati tentare dal chiosco in legno ed i suoi profumi di cucina restando nel castello per il pranzo,
due zuppe di goulash ed una birra, giusto per tenersi leggeri e poi giù in un attimo con l'ascensore rapida verso le bici che ci aspettavano.
Il gruppo di bici di girolibero erano sparite, dal parcheggio sottostante il parcheggio, forse già in marcia per la prossima tappa, mentre le nostre due bici aspettavano
solitare di riprendere il viaggio.
La ciclabile sotto il castello si assottigliava in due lembi di strada delineati da una linea bianca lungo i due lati della statale, per un po' avremmo dovuto viaggiare vicini alle auto.
Indeciso se fosse quella la continuazione naturale della ciclabile dei tauri chiesi a conferma a Simona che mi disse di essere sicura che la nostra ciclabile non continuava dal castello
ma andava ripresa da sotto la città di warfen, cosÏ ci siamo lanciati in una lunga discesa a razzo per poi scoprire una volta giù di dover risalire nuovamente fino in cima.
Una inutile fatica sotto il sole peggiore della giornata ci ha riportato sulla giusta via, li sulla statale per almeno otto chilometri la ciclabile è stata ricavata ai bordi della statale, in
tratti davvero brutti, con il forte vento sui ponti che faceva sbandare la bici ed i tir lanciati a velocità che generavano dei fastidiosi vortici d'aria al loro passaggio.
Dopo una lunga ed intensa pedalata sotto il sole per superare rapidamente il tratto stradale, una ripida salita indicava la strada per accedere al monumento naturale delle gole del salzach.
Lentamente spingendo a piedi la bici per far compagnia a Simona e per non affrontare l'ennesimo sforzo sotto il sole, ci siamo trascinati fino all'ingresso delle gole, dove abbiamo legato le bici
portandoci dietro soltanto il solito carico di macchina fotografica, cavalletto e zaini contenenti gli oggetti più importanti che non potevamo lasciare sulle bici.
Le gole sono uno spetacolo davvero impressionante della natura, scavate negli anni dalla forza del fiume che scorre e si infrange sulle rocce, lasciando morbide curve, buche e stretti passaggi.
Rispetto a quelle di qualche giorno prima, non riescono a suscitare le stesse forti emozioni, ma sono sicuramente da vedere per chi ama la natura e vuole osservarne la
meravigliosa potenza e bellezza. Trenta minuti circa e siamo fuori dalle gole per riprendere il cammino, mancavana ormai da vedere
soltanto la cascata di golling e poi ci saremmo diretti ad hallen per la notte.
Nei pressi delle cascate di Golling, c'era la possibilità di scegliere più strade per arrivare ad hallen tra cui quella ad anello che girava attorno la cittadina di fllfddddd lunga 5 chilometri più altri due se si volevano raggiungere le cascate.
La faccia di Simona era parlante, senza nemmeno dovergli domandare se voleva vedere le cascate, avevo capito che sarebbe restata li ad aspettarmi e che quindi avrei dovuto percorrere quei chilometri in fretta per non lasciarla sola troppo tempo.
Lasciate le borse a Simona, con la bici alleggerita sono partito a razzo verso le cascate ed avendo sbagliato strada, con nemmeno tre chilometri di strada mi sono ritrovato sotto l'ingresso alle cascate, subito dopo aver attraversato
una cittadina veramente graziosa, fatta di sole villette, senza un centro e con pochissimi negozi, ma con tantissimi annunci "private zimmer" che indicavano la presenza di camere
private per i turisti.
Credevo che le cascate di Golling fossero meno imponenti e belle di quelle di Krimml ma mi sbagliavo, la parte finale della cascata era meno
violenta, ma molto più larga e pittoresca, ma non accontentandomi di vedere la cascata solo dal basso e non essendoci Simona a scoraggiarmi dal salire fino in cima, ho intrapreso una
rapida salita sugli scalini di legno che si arrampicavano di lato alla cascata. Ad ogni piattaforma credevo fosse finita, ma mi accorgevo che la cascata veniva giù sempre da un punto più alto di quello attuale,
presentandomi cosÏ altre infinite rampe di scalinate. Per non lasciare troppo tempo Simona da sola, cominciai a salire le scale di corsa con in mano da un lato la macchina fotografica e dall'altra il cavalletto
che mi ero trascinato dietro, lo zaino in spalla e la borsa della macchina fotografica a tracolla, mi pesavano, ma la mia intenzione era di vedre la fine della cascata, cosÏ cercando di spezzare il fiato superavo
i visitatori che pian piano facevano le scale.
Ad un certo punto le scale finivano in un ponticello che attraversava la cascata, il getto d'acqua si tuffava dietro un enorme roccia ad arco, sotto la quale si riusciva a notare
un getto di una potenza incredibile, che si infrangeva più giù su di un'altra roccia generando un nuovo salto verso il basso. Il tasso di umidità in quel punto era enorme e faceva un freddo tremendo, nell'aria si spargeva
una nube densa d'acqua generata dagli spruzzi dell'acqua sulle rocce, feci per attraversare questo ponte riparando la macchina fotografica dal getto d'acqua che aleggiava nell'aria e per poco non scivolai.
Il ponticello infatti era completamente zuppo d'acqua e la temperatura molto bassa in quel punto aveva fatto si che si ghiacciasse tutto.
Riusci comunque ad attraversare il ponticello per ritrovarmi di fronte un'altra immensa rampa di scale, non so quante centinaia di scalini avro' fatto di corsa, ma di sicuro la voglia di vedere quello spettacolo della natura, mi aveva fatto dimenticare
la stanchezza ed alimentava in me la forza per salire ancora più velocemente.
Mi resi conto quasi in cima alla cascata che era ora di ridiscendere, da troppo tempo infatti avevo abbandonato Simona da sola su quella panchina in quell'angolo di strada, feci allora delle ultime foto e cominciai a ridiscendere velocemente gli scalini.
Pensavo di poter scendere più velocemente del tempo impiegato a salire, ma dovetti ricredermi, toccava stare attenti a dove mettere i piedi per non finire a rotolare su quelle immense discese di scalini in legno.
Fermatomi un attimo decisi di farmi una bella foto ricordo da metà della cascata in un punto dove la luce e la banchina permettevano di montare il cavalletto ed entrare nell'inquadratura con di lato la
cascata. Con cura tirai fuori il cavalletto dal fodero, ne aprì tutte le gambe e lo posizionai, poi presi la macchina fotografica e nell'atto di metterla sul mi ricordai di aver lasciato l'aggancio del
cavalletto nella borsa della macchina fotografica a Simona, che delusione, tanta fatica per non poter portare indietro un ricordo di me su quella cascata, ma solo tante foto della sola cascata.
Ritrovai Simona ad aspettarmi su quella stessa panchina dove l'avevo lasciata quasi un ora prima e ci mettemmo subito in marcia per hallen, era tardi e non volevamo rischiare di restare di nuovo senza cena.
Dopo un po' che seguivamo la ciclabile per hallen, a ridosso di un'altra statale, ci rendemmo conto che da un po' di tempo non riuscivamo più a vedere i cartelli che indicavano il percorso della ciclabile dei tauri, consultammo allora la guida per renderci conto che avevamo sbagliato ciclabile.
Quella nostra proseguiva dal paesino sotto le cascate, invece questa puntava seguendo la statale ad un paesino chiamato san Juann, ultima tappa prima di hallen.
Dovemmo chiedere aiuto agli operai stradali per sapere se si trattava della strada giusta per quell'ultimo paese, ma senza rendercene conto, ci ritrovammo ad un attraversamento del salzach in una squallida zona industriale, puzzolente e desolata, eravamo arrivati ad hallen dal lato sbagliato e ci mettemmo un pochino a trovare il centro della città.
Era tardi e decidemmo di dividerci per trovare al più presto un privato che affittava casa. Pedalai in lungo e largo per la cittadina di hallen, più grande di tutte le precedenti, ma non riuscÏ a trovare un solo affittacamere, allora decisi
che toccava puntare su alberghi e pensioni, ma il risultato fù lo stesso, non si trovavano alberghi ne pensioni, come se nessuno dei turisti si fermasse mai in questa strana cittadina.
Poi per fortuna da lontano riuscì a vedere uno squallidissimo albergo, entrai e dei tizi mi dissero di andare a chiedere per le camere al primo piano.
Di sopra non c'era nessuno, l'ambiente era scuro e non troppo pulito, cominciai a girare in cerca del personale della reception ed intravidi una luce provenire da una stanza, segui la luce fino ad un salottino dove un uomo di mezza età se ne stava stravaccato sul divano a guardare la televisione.
Dissi qualcosa per segnalargli la mia presenza e lui si scomodo' per venire ad accogliermi, aveva una camera disponibile e voleva 55Ä, non troppi considerando il fatto che non sembrava esserci altro luogo dove dormire.
Accettai e gli dissi che sarei tornato con mia moglie che avevo perso in città, non feci in tempo ad uscire dall'albergo che incontrai Simona all'ingresso, era entrata anche lei per domandare la
disponibilità, cosÏ accettammo di rimanere in quel luogo sinistro.
Quando scendemmo per cena decisi di non portare con me la macchina fotografica, quel paesino non mi ispirava proprio niente da dover fotografare e strade erano cosÏ vuote di strutture ristoratorie che decidemmo di cenare nel ristorante dello squallido hotel dove alloggiavamo.
Il proprietario delle camere ci aveva consigliato di cenare li, perché il cuoco era suo amico ed era bravo, cosa che un tantino mi insospettiva.
Fortunatamente non la cucina fu migliore delle aspettative, la birra buona come al solito in austria e la cena fin troppo buona, abbondante ed economica.
Prendemmo delle zuppe tanto per cominciare, per poi prendere qualcosa di secondo, io presi una zuppa con dentro una polpetta di carne, formaggio e cipolla fritta e simona una zuppa con delle piccole palline
di pasta fritte molto buona, meglio anche della mia zuppa che non era il massimo. Poi decidemmo di prendere un secondo per due persone, ed aspettare di decidere per il dolce.
Il secondo ordinato cominciava con due insalate, una verde ed una di crauti, che sembravano pochine e ci spinsero ad ordinare del pane.
Poi arrivo' un vassoio con dei wurstel tagliati a fiore e tre tipi di salsina in delle fette di peperone, una piccante, una ketcup ed una al peperone, infine arrivo un vassoio enorme pieno di patatine fritte zigrinate, con adagiate sopra due bistecchine di manzo,
due di maiale e quattro salsciccette scure. Fù veramente difficile finire tutto, tanto che il pane finimmo per lasciarlo quasi intero come ci era stato portato.
Uscimmo dal locale rotolando, mi sembrava di scoppiare e decidemmo di fare quattro passi per il paese, ma il mio stato di esplosione imminente chiedeva l'aiuto di un amaro.
Entrammo nuovamente nel ristorante e gli chiesi uno
jagermaister, che in austria è sempre presente e costa poco, ma l'avevano finito, non avevano nessun tipo di amaro e volevano rifilarmi una vodka rossa.
Andai in cerca per il paese dell'amaro quando finalmente lo trovai in un chiosco messo in mezzo alla piazza cittadina, aveva quello in monoporzione a 2Ä che in un sorso sparÏ dalla circolazione lasciandomi la bottiglietta vuota tra le mani.
Non c'era molta possibilità di vita sociale notturna in quel posto, era tutto chiuso e nessuno girava per le strade, cosÏ tornammo a dormire.
Quando stavo per addormentarmi, rinunciando alla scrittura serale per la troppa stanchezza accumulata durante il giono, qualcuno nell'hotel comincio a sbattere la porta della
camera, spostare mobili, urlare disumanamente. Si sentiva una porta aprirsi e poi richiudersi facendo tremare tutto lo stabile. Per almeno una trentina di minuti non potemmo
chiudere occhio disturbati dai rumori del folle ubriaco, fino a quando il proprietario' del locale non salì e lo convinse con le buone a smetterla di fare casino.