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Da Mittersil a Taxenbach

La ciclabile degli alti Tauri (agosto 2009)
Non sembra neanche mattina in questa grigia e cupa giornata nelle valli Salisburghesi, non ha smesso di piovere per tutta la notte e nell'aria l'umidità è densa. Tutta la valle resta immersa in una coltre di fitta nebbia grigia che si confonde con le nuvole rendendo impossibile il passaggio ai raggi del sole che da qualche altra parte nel mondo deve splendere con tutta la sua forza estiva.
Scendendo di sotto nel salottino, troviamo la gentilissima signora già alle prese con la colazione, il marito è seduto al solito posto mentre spalma della marmellata sul pane tostato ci saluta con un cordialissimo sorriso, senza voler disturbare quel delizioso ritratto di famiglia, facciamo segno alla signora che siamo pronti per la colazione e ci rechiamo nel salottino dove avevamo preso il the.
La tavola era imbandita per la colazione la riunione con un pò delle solite portate che in questi giorni avevamo imparato a conoscere, mancava il caffè perché la signora aveva capito che bevessimo soltanto thè ma in un attimo la signora si fiondo a prepararci una bella brocca di lungo e nero caffè austriaco. C'erano i soliti panini già tagliati in due ed i piattini di salumi e formaggi, il succo d'arancia, il burro e le marmellate fatte in casa.
Tutte le volte che la signora entrava nella stanza e cominciava a parlare in tedesco, restavo meravigliato dalla perfetta intesa che si era creata tra lei e Simona, due persone che parlavano lingue diverse ma riuscivano a comprendersi perfettamente. Era come se non esistesse differenza tra i due linguaggi, perché gli sguardi e i gesti riuscivano a rendere universale ogni forma di comunicazione.
La gentilezza estrema della signora e quel suo modo di fare garbato e disponibile ci hanno molto colpito, tanto da voler in qualche modo ricambiare con un pensierino ed una lettera in tedesco per farle capire che non ci dimenticheremo di lei e della sua casa rivestita all'uncinetto.
Rinchiusi in camera aspettavamo un miglioramento delle condizioni meteo prima di metterci in marcia, non volevamo finire di nuovo a dover pedalare sotto la pioggia per poi doverci fermare una volta zuppi. Il canale del meteo dava notizie confortanti, già dall'ora di pranzo sarebbe tornato a splendere il sole, riscaldando il ricordo dei giorni freddi ed umidi che avevano accompagnato la prima parte del viaggio.

Aspettavamo fiduciosi il cambiamento, approfittando dell'attesa per scrivere qualche altra pagina del diario di viaggio. Nella testa continuava a rigirarmi l'avvertimento letto poco prima nella guida, che preannunciava le grigie giornate e la fastidiosissima ed insistente pioggerellina tipica del Salisburghese. Speravo con tutto il cuore che si trattasse solo di un caso se i nostri primi giorni erano stati accompagnati dalla pioggia e la nebbia.
Non appena il cielo avesse deciso di concederci una tregua saremmo partiti con l'intenzione di recuperare tutti i chilometri perduti.
Una visitina veloce a Mittersil prima di partire mi permise di scattare qualche foto ricordo della suggestiva piazza e di provare a cercare un k-way migliore del mio che dopo pochi minuti di pioggia lascia entrare l'acqua rendendosi inutile.
La cosa più bella di un viaggio non organizzato è proprio questa, non avere limiti di tempi ne percorsi obbligati, per sentirsi liberi di improvvisare e vivere al meglio qualsiasi luogo in cui ci si trova. Dal modo di comportarsi di Simona capisco che ancora non ha fatto suo questo modo di vivere la vacanza, si preoccupa continuamente del tempo, dei chilometri fatti delle mete da raggiungere e di tante piccole cose che non le permettono di respirare a pieno il senso di libertà. Spero che come lei mi ha insegnato la vacanza in campeggio io riesca a trasmetterle questa sensazione e modo di fare le cose disorganizzato.

Il primo paesino che incontrammo lungo la ciclabile era il piccolo Stuhlfelden un concentrato di graziose casettine colorate, concentrate intorno alla piazzetta della fontana, dove da un lato la chiesa ed in quello opposto l'antico castello ora sede del comune facevano bella mostra.
La chiesa dall'aspetto esteriore gotico rappresenta la più importante chiesa di interesse storico culturale della zona, l'interno è tutto ristuccato, ma si conservano ancora l'altare marmoreo ed il magnifico organo.
Ignorando quasi del tutto gli altri piccoli paesini incontrati lungo la ciclabile, ci siamo diretti verso la cittadina più grande e conosciuta della zona, dove se fosse stato bel tempo ci saremmo fermati per fare il bagno nel magnifico laghetto attrezzato di cui parlano tanto le guide.
Ad Uttendorf in una giornata di pioggia ci sono veramente poche cose da vedere, tranne il famoso villaggio celtico che tanto mi interessava vedere.
Al centro informazioni una enorme mappa della cittadina mostrava il punto in cui si trovava il villaggio, sembrava essere poco distante dal centro, al massimo un paio di chilometri più sopra della chiesa. La strada in salita prendeva man mano che si saliva una pendenza proibitiva, Simona mi stava dietro fingendo di non lamentarsi troppo. Era scesa dalla sella e continuava a piedi spingendo a difficoltà la bici. Mi resi conto dopo l'ennesimo tornante che la salita non era affatto finita e forze conveniva risparmiare a Simona la fatica andando fin sopra da solo.
Simona non obbietto nemmeno un attimo, non aspettava altro che abbandonare quell'impresa via via più difficile.
Scattammo alcune foto panoramiche della cittadina di Uttendorf che si vedeva quasi per intero sotto di noi e salutai Simona.
salivo con il rapporto più leggero che avevo la ripida stradina sempre più stretta che si arrampicava sul monte, sentivo le gambe bruciare dallo sforzo ed ogni curva speravo fosse l'ultima, ma non potevo cedere senza riuscire a vedere quel maledetto villaggio.
Finalmente proprio in una curva un palizzata di legno ed un cartello indicavano il raggiungimento della meta.
Non c'era anima viva in quel luogo, io, la mia bici ed un villaggio storico appartenuto al popolo dei celti ancora in ottimo stato di conservazione. Restai per un pò di tempo ad osservare le antiche case in legno, il forno in pietra che usavano per cucinare e quello strano cerchio di pietra con al centro le panche per sedersi, provando ad immaginare una giornata della loro vita passata, con i bimbi che corrono nel prato, le donne in casa a cucinare e gli anziani del villaggio nel cerchio a pregare o fare chissà che cosa. Proprio mentre mi sforzavo di provare a sentire l'essenza di quelle gente imprigionata nel luogo un gruppo di turisti appiedati irruppe nella pace del luogo cominciando a chiacchierare e scattare fotografie di ogni pietra.
Ci volle un pò, prima che decidessero di andarsene e lasciarmi solo, ma il tempo era passato e Simona già da un pò era rimasta sola sulla salita ad aspettarmi. Preparai il cavalletto per fare qualche foto ricordo del luogo mentre cominciava a scendere una leggera pioggerella, dovevo scappare via adesso, se fosse venuto giù un diluvio sarebbe stato difficile affrontare la discesona in bici, quindi scattai rapidamente e scappai via.

Simona mi aspettava pazientemente giù in paese vicino l'ufficio turistico, aveva fame ed io condividevo lo stesso bisogno di trovare qualcosa con cui sopperire i lamenti dello stomaco. Nel paese era ormai tutto chiuso, sparivano sempre tutti durante l'orario dei pasti, per fortuna un piccolo supermercato tutto giallo era aperto. Comprammo un pò di salumi e formaggio fuso, del pane e dell'arrosto caldo a fette, una limonata ed una birra economica e ripartimmo in cerca di un posto dove poter mangiare.
Dopo qualche chilometro di ciclabile a ridosso del fiume, trovammo una piccola panchina rossa poggiata su di un albero, che dava le spalle alle acque che ora scorrevano rigogliose e rumorose, pioveva leggermente ma non essendoci a vista d'occhio punti di riparo decidemmo di fermarci li a mangiare.
Fu un pranzo veloce e soddisfacente, sotto una pioggerella talmente fine che quasi non si riusciva a percepire, poi di nuovo pedali e strada sterrata. Non era mai facile affrontare il dopopranzo in bici, con la pesantezza della digestione anche la pianura diventava faticosa, non potevamo però permetterci di restare a riposare un paio d'ore altrimenti non saremmo arrivati a salisburgo dopo un mese, così lentamente macinavamo metri di strada sotto la pioggia. Nei pressi di un maneggio mi fermai per scattare delle foto perdendo di vista Simona che continuò a pedalare, ma dopo poco, la vidi da lontano tornare indietro preoccupata, il fiume era esondato in un punto allagando completamente tutto un tratto di ciclabile. Era pittoresco vedere una ciclabile immergersi in una gigantesca pozza d'acqua ma la nostra preoccupazione era in qualche modo superare quell'ingorgo. Un gruppo di temerari ciclisti si lancio nell'acqua credendo fosse bassa, ma quasi subito dovettero ricredersi finendo quasi completamente sommersi. Nemmeno le cavallerizze del maneggio riuscivano a passare di li, ma fortunatamente ci indicarono una strada alternativa che da dietro il maneggio portava sulla statale per poi riprndere la ciclabile un paio di chilometri dopo.

Arrivammo nei pressi di Kaprun, riconosciuta dalla famosa rocca medievale e da alcune caprette sedute sul prato poco prima di entrare in paese, non c'era tempo di fermarsi per una visita, dovevamo trovare un posto per dormire e mangiare, così superata la cittadina un pò desolata ci muovemmo verso quella successiva.
Entrammo a Taxenbach che faceva già sera, lasciai simona al primo affittacamere incontrato con il compito di informarsi sui prezzi ed eventualmente chiamarmi e mi lanciai in un veloce giro della minuscola cittadina per domandare i prezzi nelle locande. C'erano solo due locande dal prezzo abbastanza alto e nessun altro affittacamere, per fortuna il telefono squillo e capì che andava bene il posto dove avevo lasciato simona.
La proprietaria aveva una grandissima casa di tre piani e chiedeva solo 45Ä per camera, cosa che andava benissimo per noi, ci mostrò il magazzino dove lasciare le bici mentre il figlioletto su di una motocross per bambini faceva una confusione tremenda, girava nel parcheggio e sul viale di casa diffondendo una nube puzzolente di gas di scarico.
La camera era molto bella e pulita ed il ragazzino sembrava aver terminato le scorribande serali, avevamo bisogno di una bella doccia e di qualcosa da mettere sotto i denti.
Quando scendemmo nell'unica strada animata del paesino, erano quasi tutti chiusi, soltanto una locanda aveva ancora le luci accese e la gente seduta ai tavoli, erano le 21:15 circa, ci sedemmo ad un tavolo e la signora con una faccia sconfortante ci disse che avevano già chiuso la cucina da quindici minuti. Che stupido sono stato a non controllare gli orari di chiusura nel mio giro cittadino prima di prendere la camera, saltando la doccia avremmo potuto trovare ancora tutto aperto.
Ormai era andata così e dovevamo in qualche modo rimediare, per fortuna o sfortuna la signora poteva preparare le pizze. Accettammo sconfortati e cominciammo a bere birra per riempirci lo stomaco, quando arrivarono le pizze non erano quelle che avevamo ordinate, ma la fame era troppo per lamentarci così accettammo con un finto sorriso le pizze ed affamati cominciammo a mangiarle.
Era la prima sera che ci capitava una così pessima cena, due pizze surgelate senza nessun sapore, come quelle che spesso rifilano ai turisti in molte pizzerie romane ed un buon dolce scelto tra i pochi rimasti nella vetrinetta.
Una sera da ricordare, soprattutto per quella sensazione di fame che avremmo provato a colmare la mattina successiva con la colazione.