Non sembra neanche mattina in questa grigia e cupa giornata nelle valli Salisburghesi, non ha
smesso di piovere per tutta la notte e nell'aria l'umidità è densa. Tutta la valle resta immersa in
una coltre di fitta nebbia grigia che si confonde con le nuvole rendendo impossibile il passaggio
ai raggi del sole che da qualche altra parte nel mondo deve splendere con tutta la sua forza
estiva.
Scendendo di sotto nel salottino, troviamo la gentilissima signora già alle prese con la colazione,
il marito è seduto al solito posto mentre spalma della marmellata sul pane tostato ci saluta con un
cordialissimo sorriso, senza voler disturbare quel delizioso ritratto di famiglia, facciamo segno
alla signora che siamo pronti per la colazione e ci rechiamo nel salottino dove avevamo preso il
the.
La tavola era imbandita per la colazione la riunione con un pò delle solite portate che in questi
giorni avevamo imparato a conoscere, mancava il caffè perché la signora aveva capito che bevessimo
soltanto thè ma in un attimo la signora si fiondo a prepararci una bella brocca di lungo e nero
caffè austriaco. C'erano i soliti panini già tagliati in due ed i piattini di salumi e formaggi, il
succo d'arancia, il burro e le marmellate fatte in casa.
Tutte le volte che la signora entrava nella stanza e cominciava a parlare in tedesco, restavo
meravigliato dalla perfetta intesa che si era creata tra lei e Simona, due persone che parlavano
lingue diverse ma riuscivano a comprendersi perfettamente. Era come se non esistesse differenza tra
i due linguaggi, perché gli sguardi e i gesti riuscivano a rendere universale ogni forma di
comunicazione.
La gentilezza estrema della signora e quel suo modo di fare garbato e disponibile ci hanno molto
colpito, tanto da voler in qualche modo ricambiare con un pensierino ed una lettera in tedesco per
farle capire che non ci dimenticheremo di lei e della sua casa rivestita all'uncinetto.
Rinchiusi in camera aspettavamo un miglioramento delle condizioni meteo prima di metterci in
marcia, non volevamo finire di nuovo a dover pedalare sotto la pioggia per poi doverci fermare una
volta zuppi. Il canale del meteo dava notizie confortanti, già dall'ora di pranzo sarebbe tornato a
splendere il sole, riscaldando il ricordo dei giorni freddi ed umidi che avevano accompagnato la
prima parte del viaggio.
Aspettavamo fiduciosi il cambiamento, approfittando dell'attesa per scrivere qualche altra pagina
del diario di viaggio. Nella testa continuava a rigirarmi l'avvertimento letto poco prima nella
guida, che preannunciava le grigie giornate e la fastidiosissima ed insistente pioggerellina tipica
del Salisburghese. Speravo con tutto il cuore che si trattasse solo di un caso se i nostri primi
giorni erano stati accompagnati dalla pioggia e la nebbia.
Non appena il cielo avesse deciso di concederci una tregua saremmo partiti con l'intenzione di
recuperare tutti i chilometri perduti.
Una visitina veloce a Mittersil prima di partire mi permise di scattare qualche foto ricordo della
suggestiva piazza e di provare a cercare un k-way migliore del mio che dopo pochi minuti di pioggia
lascia entrare l'acqua rendendosi inutile.
La cosa più bella di un viaggio non organizzato è proprio questa, non avere limiti di tempi ne
percorsi obbligati, per sentirsi liberi di improvvisare e vivere al meglio qualsiasi luogo in cui
ci si trova. Dal modo di comportarsi di Simona capisco che ancora non ha fatto suo questo modo di
vivere la vacanza, si preoccupa continuamente del tempo, dei chilometri fatti delle mete da
raggiungere e di tante piccole cose che non le permettono di respirare a pieno il senso di libertà.
Spero che come lei mi ha insegnato la vacanza in campeggio io riesca a trasmetterle questa
sensazione e modo di fare le cose disorganizzato.
Il primo paesino che incontrammo lungo la ciclabile era il piccolo Stuhlfelden un concentrato di
graziose casettine colorate, concentrate intorno alla piazzetta della fontana, dove da un lato la chiesa
ed in quello opposto l'antico castello ora sede del comune facevano bella mostra.
La chiesa dall'aspetto esteriore gotico rappresenta la più importante chiesa di interesse storico culturale
della zona, l'interno è tutto ristuccato, ma si conservano ancora l'altare marmoreo ed il magnifico organo.
Ignorando quasi del tutto gli altri piccoli paesini incontrati lungo la ciclabile, ci siamo diretti verso
la cittadina più grande e conosciuta della zona, dove se fosse stato bel tempo ci saremmo fermati per
fare il bagno nel magnifico laghetto attrezzato di cui parlano tanto le guide.
Ad Uttendorf in una giornata di pioggia ci sono veramente poche cose da vedere, tranne il famoso
villaggio celtico che tanto mi interessava vedere.
Al centro informazioni una enorme mappa della cittadina
mostrava il punto in cui si trovava il villaggio, sembrava essere poco distante dal centro, al
massimo un paio di chilometri più sopra della chiesa. La strada in salita prendeva man mano che si
saliva una pendenza proibitiva, Simona mi stava dietro fingendo di non lamentarsi troppo. Era scesa
dalla sella e continuava a piedi spingendo a difficoltà la bici. Mi resi conto dopo l'ennesimo
tornante che la salita non era affatto finita e forze conveniva risparmiare a Simona la fatica
andando fin sopra da solo.
Simona non obbietto nemmeno un attimo, non aspettava altro che
abbandonare quell'impresa via via più difficile.
Scattammo alcune foto panoramiche della cittadina
di Uttendorf che si vedeva quasi per intero sotto di noi e salutai Simona.
salivo con il rapporto più leggero che avevo la ripida stradina sempre più stretta che si
arrampicava sul monte, sentivo le gambe bruciare dallo sforzo ed ogni curva speravo fosse l'ultima,
ma non potevo cedere senza riuscire a vedere quel maledetto villaggio.
Finalmente proprio in una curva un palizzata di legno ed un cartello indicavano il raggiungimento
della meta.
Non c'era anima viva in quel luogo, io, la mia bici ed un villaggio storico appartenuto al popolo
dei celti ancora in ottimo stato di conservazione. Restai per un pò di tempo ad osservare le
antiche case in legno, il forno in pietra che usavano per cucinare e quello strano cerchio di
pietra con al centro le panche per sedersi, provando ad immaginare una giornata della loro vita
passata, con i bimbi che corrono nel prato, le donne in casa a cucinare e gli anziani del villaggio
nel cerchio a pregare o fare chissà che cosa. Proprio mentre mi sforzavo di provare a sentire
l'essenza di quelle gente imprigionata nel luogo un gruppo di turisti appiedati irruppe nella pace
del luogo cominciando a chiacchierare e scattare fotografie di ogni pietra.
Ci volle un pò, prima che decidessero di andarsene e lasciarmi solo, ma il tempo era passato e Simona già da un pò
era rimasta sola sulla salita ad aspettarmi. Preparai il cavalletto per fare qualche foto ricordo
del luogo mentre cominciava a scendere una leggera pioggerella, dovevo scappare via adesso, se
fosse venuto giù un diluvio sarebbe stato difficile affrontare la discesona in bici, quindi scattai
rapidamente e scappai via.
Simona mi aspettava pazientemente giù in paese vicino l'ufficio turistico, aveva fame ed io
condividevo lo stesso bisogno di trovare qualcosa con cui sopperire i lamenti dello stomaco. Nel
paese era ormai tutto chiuso, sparivano sempre tutti durante l'orario dei pasti, per fortuna un
piccolo supermercato tutto giallo era aperto. Comprammo un pò di salumi e formaggio fuso, del pane
e dell'arrosto caldo a fette, una limonata ed una birra economica e ripartimmo in cerca di un posto
dove poter mangiare.
Dopo qualche chilometro di ciclabile a ridosso del fiume, trovammo una piccola panchina rossa
poggiata su di un albero, che dava le spalle alle acque che ora scorrevano rigogliose e rumorose,
pioveva leggermente ma non essendoci a vista d'occhio punti di riparo decidemmo di fermarci li a
mangiare.
Fu un pranzo veloce e soddisfacente, sotto una pioggerella talmente fine che quasi non si riusciva
a percepire, poi di nuovo pedali e strada sterrata. Non era mai facile affrontare il dopopranzo in
bici, con la pesantezza della digestione anche la pianura diventava faticosa, non potevamo però
permetterci di restare a riposare un paio d'ore altrimenti non saremmo arrivati a salisburgo dopo
un mese, così lentamente macinavamo metri di strada sotto la pioggia.
Nei pressi di un maneggio mi fermai per scattare delle foto perdendo di vista Simona che continuò a
pedalare, ma dopo poco, la vidi da lontano tornare indietro preoccupata, il fiume era esondato in
un punto allagando completamente tutto un tratto di ciclabile.
Era pittoresco vedere una ciclabile immergersi in una gigantesca pozza d'acqua ma la nostra
preoccupazione era in qualche modo superare quell'ingorgo. Un gruppo di temerari ciclisti si lancio
nell'acqua credendo fosse bassa, ma quasi subito dovettero ricredersi finendo quasi completamente
sommersi. Nemmeno le cavallerizze del maneggio riuscivano a passare di li, ma fortunatamente ci
indicarono una strada alternativa che da dietro il maneggio portava sulla statale per poi riprndere
la ciclabile un paio di chilometri dopo.
Arrivammo nei pressi di
Kaprun, riconosciuta dalla famosa rocca medievale e da alcune caprette
sedute sul prato poco prima di entrare in paese, non c'era tempo di fermarsi per una visita,
dovevamo trovare un posto per dormire e mangiare, così superata la cittadina un pò desolata ci
muovemmo verso quella successiva.
Entrammo a
Taxenbach che faceva già sera, lasciai simona al primo affittacamere incontrato con il
compito di informarsi sui prezzi ed eventualmente chiamarmi e mi lanciai in un veloce giro della
minuscola cittadina per domandare i prezzi nelle locande. C'erano solo due locande dal prezzo
abbastanza alto e nessun altro affittacamere, per fortuna il telefono squillo e capì che andava
bene il posto dove avevo lasciato simona.
La proprietaria aveva una grandissima casa di tre piani e chiedeva solo 45Ä per camera, cosa che
andava benissimo per noi, ci mostrò il magazzino dove lasciare le bici mentre il figlioletto su di
una motocross per bambini faceva una confusione tremenda, girava nel parcheggio e sul viale di casa
diffondendo una nube puzzolente di gas di scarico.
La camera era molto bella e pulita ed il ragazzino sembrava aver terminato le scorribande serali,
avevamo bisogno di una bella doccia e di qualcosa da mettere sotto i denti.
Quando scendemmo nell'unica strada animata del paesino, erano quasi tutti chiusi, soltanto una
locanda aveva ancora le luci accese e la gente seduta ai tavoli, erano le 21:15 circa, ci sedemmo
ad un tavolo e la signora con una faccia sconfortante ci disse che avevano già chiuso la cucina da
quindici minuti. Che stupido sono stato a non controllare gli orari di chiusura nel mio giro
cittadino prima di prendere la camera, saltando la doccia avremmo potuto trovare ancora tutto
aperto.
Ormai era andata così e dovevamo in qualche modo rimediare, per fortuna o sfortuna la
signora poteva preparare le pizze. Accettammo sconfortati e cominciammo a bere birra per riempirci
lo stomaco, quando arrivarono le pizze non erano quelle che avevamo ordinate, ma la fame era troppo
per lamentarci così accettammo con un finto sorriso le pizze ed affamati cominciammo a mangiarle.
Era la prima sera che ci capitava una così pessima cena, due pizze surgelate senza nessun
sapore, come quelle che spesso rifilano ai turisti in molte pizzerie romane ed un buon dolce scelto
tra i pochi rimasti nella vetrinetta.
Una sera da ricordare, soprattutto per quella sensazione
di fame che avremmo provato a colmare la mattina successiva con la colazione.