Appena aprimmo le finestre per far entrare la luce ci stupimmo nel vedere il cielo grigio, il verde era sparito dietro una coltre di nebbia fitta che riempiva l'intera valle.
Non pioveva ma faceva freddo, l'umidità nell'aria era eccessiva e le previsioni non lasciavano presagire nulla di buono per la giornata.
Decidemmo che il Il modo migliore per affrontare la cupa giornata era fare un'abbondante colazione, cosa che
non mi dispiaceva come abitudine da prendere. La colazione dell'affittacamere di paese non era da meno di quella di innsbruck, salumi,
formaggi, jogurt fresco, marmellate fatte in casa, frutta e dolci messi in bellavista sul tavolo si lasciavano teneramente mangiare.
Questa volta fare i bagagli richiedeva un maggiore impegno dei giorni precedenti, avremmo finalmente pedalato e le cose andavano disposte
in maniera intelligente per essere pronti in qualsiasi momento a tirare fuori una felpa, un k-way, il kit di utensili o la torcia,
tutto doveva avere il proprio posto in prima linea, secondo delle determinate priorità. Noi rispettammo in pieno le direttive che
ci eravamo imposti, tanto che ogni cosa sarebbe poi risultata introvabile.
Un simpatico signore sedeva su di un banchetto all'esterno dell'ufficio informazioni turistiche, il piccolo tavolo era decorato da
centinaia di depliant informativi, sparsi con un ordine incomprensibile. Con il tipico sorriso degli austriaci ed una cortesia infinita,
in un misto tra tedesco, italiano ed inglese ci ha spiegato che potevamo prendere le bici a noleggio presso la pompa di benzina sulla
strada verso le cascate e volendo riconsegnarle direttamente a salisburgo, senza dover tornare indietro. Era proprio quello che speravamo
di sentire, ora il viaggio poteva cominciare, mancava solo una piccola guida di riferimento sulla ciclabile dei Tauri che il signore rimediò
nel retrobottega dell'ufficio informazioni. Per 7 euro avevamo una piccola guida con le mappe dettagliate delle varie zone e le descrizioni di tutte le città che avremmo incontrato lungo la ciclabile.
Ringraziammo il gentilissimo addetto alla zona esterna dell'ufficio informazioni di Krimml e ci incamminammo verso l'affittabici.
Un tipo rude che non parlava l'italiano e capiva male la mia pronuncia approssimativa dell'inglese era l'addetto al noleggio bici,
dopo aver capito che volevamo delle bici per andare a salisburgo, comincio ad osservarci attentamente per poi mettersi a trovare
tra le bici quella più adatta al nostro fisico e le borse che ci portavamo dietro.
Mi diede una bici da viaggio sostituendo il sellino impregnato d'acqua e mi chiese a gesti di fare un giro del piazzale per provarla,
andava benissimo. Il problema ci fù quando dovette trovare la bici per Simona,
tutte quelle che tirava fuori e preparava non le andavano bene, diceva sempre che sembravano troppo alte da terra e che non poteva
poggiare il piede restando sul sellino. Sapevo già che era inutile spiegarle, ancora una volta,
che dal sellino non bisogna per forza toccare con i piedi per terra, ma si parte e ci si ferma in una posizione fuori sella e quindi restavo li a guardarla disperata.
Ancora più di lei, mi sembrava disperato il tipo che non riusciva a capire il motivo per cui la bici non poteva andare bene,
continuava a tirarne fuori altre di varie misure, ma il problema restava.
Simona mi guardava quasi disperata, ormai assalita dall'ansia e dalla paura di non saper guidare quelle bici e di rovinare l'intero viaggio
ancora prima di partire, mi chiedeva di dire al signore che voleva una bici più bassa, ma lui non ne voleva sapere di darle una scomoda mountain bike e continuava a farle provare le bici da viaggio.
A questo punto lo sconforto stava per assalire anche me, conoscendo Simona e le sue prese di posizione sapevo che
sarebbe stato difficile convincerla ad accettare una bici che le sembrava alta, la presi da parte e le dissi che secondo me la prima bici
che aveva scartato, poteva andare bene per la sua altezza, con un pò di impegno sarebbe riuscita a portarla. Fù strano, per una volta mi stette a sentire,
sali su quella bici e riprovò a farci un giro, non riuscì nemmeno a partire davanti al tipo che osservava, ma mi disse che le andava bene e che sarebbe salita più avanti lontana dagli occhi del tipo che la mettevano in soggezione.
Pagammo 60€ a testa per tenere le bici tutta la settimana, montammo le borse posteriori sulle bici e ci allontanammo dal negozio, io pedalando e Simona dietro di me a piedi.
Dopo un centinaio di metri, mi accorsi però che era salita in sella e pedalava anche lei. Finalmente andava tutto per il verso giusto,
cominciava la nostra avventura e pian piano prendevamo confidenza con le bici che cariche sul solo lato posteriore sembravano sbandare.
Ci volle poco per abituarsi a tenerla perfettamente in linea e devo dire che anche Simona riusci a stupirmi abituandosi velocemente alla nuova ed alta bici,
certo non ha imparato per tutto il viaggio a fermarsi e partire correttamente scendendo dalla sella, ma questo è un dettaglio trascurabile visto che il viaggio è andato per il meglio.
La prima tappa obbligatoria per chi inizia la ciclabile degli Alti Tauri è il
Parco degli Alti Tauri con la sua spettacolare cascata,
che si infrange sulle rocce a soli quattro chilometri dal centro di
Krimml, non potevamo
non visitarla dato che si tratta della quarta cascata del mondo per altezza e la prima in Europa.
Chiesi alle due ragazze che ritiravano i biglietti di ingresso dove potevo lasciare le bici e mi indicarono
un angolo dietro di loro, legammo le borse e le bici in modo che nessuno poteva portarcele via e proseguimmo sul sentierino che porta alla cascata.
Il sentiero si snoda in vari percorsi, uno che riporta sulla ciclabile dei tauri attraversando il bosco,
l'altro che sale fin sopra la cascata ed un terzo che porta sotto alla base della stessa.
Guardai Simona per chiederle quale percorso avremmo scelto, ma prima ancora di farle la domanda avevo capito la sua
risposta, non sarebbe salita fino in cima, se volevo ci sarei dovuto andare da solo.
Per curiosità le feci la domanda e la risposta fu esattamente quella che mi aspettavo, non saremmo potuti andare sul
sentiero fino in cima perché avremmo perso troppo tempo, concetto che ancora adesso non mi è troppo chiaro. In vacanza
da soli, senza nessuno che ci pressa ne qualcuno che ci aspetta, dovevamo preoccuparci del tempo che passa?
Ci muovemmo verso la base dela cascata, dopo aver fatto alcune foto ricordo da un punto panoramico con la statua
di uno stambecco che tutti usavano per portarsi via la foto ricordo della cascata.
Lo spettacolo della cascata che si infrangeva sulle rocce era impressionante, l'acqua veniva giù fino a metà cascata
per poi fare un nuovo salto verso il basso ed infrangersi sl fondo. Il sole con i suoi raggi illuminava gli spruzzi
d'acqua di riflessi dorati ed argentei, la violenza dell'impatto generava una nube densa di spruzzi che saturava
l'acqua di umidità.
Man mano che ci si avvicinava l'umidità cresceva costringendoci ad indossare i k-way, davanti a noi una collinetta
di roccia ci nascondeva il punto di impatto dell'acqua, la sua altezza faceva come da scudo e riparo per tutti quelli
che come noi osservavano la cascata dal basso.
Osservavo molte persone arrampicarsi sulle rocce per vedere da vicino il punto di impatto della cascata con le
rocce, si perdevano nella densissima nube di spruzzi d'acqua e vapori e la curiosità fece si che salissi anche io.
Man mano che mi avvicinavo la quantità di acqua nell'aria aumentava, cercavo di tenere in una tasca la macchina
fotografica per non farla bagnare completamente. In cima alla collina il k-way grondava acqua e quasi non si
riusciva a respirare, ero preoccupato per la macchina fotografica ma la sensazione che provavo nel trovarmi così
vicino alla base della cascata mi riempivano di gioia. Notai una persona in piedi sulla roccia, quasi immersa
nella nube di spruzzi, puntava la sua fotocamera verso il getto d'acqua mentre i raggi del sole che filtravano
lo facevano risplendere. Mi convinsi allora che se lo stava facendo lui, potevo farlo anche io, tirai fuori la
macchina fotografica e la diressi verso il getto, tra il sole riflesso ed il getto d'acqua riuscì a scattare due
foto confuse prima che l'obbiettivo fosse completamente appannato e bagnato rendendo impossibile continuare,
così misi subito la fotocamera nella tasca e ridiscesi velocemente dalla collinetta, stando attento a non scivolare
sulle rocce bagnate.
Mentre rapidamente asciugavo la fotocamera con i fazzoletti scottex che mi aveva dato simona, ripensavo alla
mia stupidità, di sicuro il tipo stagliato contro il getto d'acqua ed illuminato dai raggi del sole, nella sua posa
plastica da fotografo professionista avrà avuto una fotocamera tropicalizzata, mentre la mia povera bridge per pura
fortuna ha continuato a funzionare.
Il nostro viaggio riprese attraverso il sentiero sterrato nel bosco, lasciandoci dietro la magnifica cascata
riprendemmo il viaggio sulla ciclabile dei Tauri.
Il primo tratto della ciclabile proseguiva su uno sterrato leggero in mezzo al fitto sottobosco di pioppi, ammesso
che la mia ignoranza in materia mi abbia permesso di riconoscere correttamente il tipo di albero.
Era una serie interminabile di alberi dal tronco sottile e dritto, senza foglie ne rami nel primo tratto del tronco
che spuntavano poi rigogliosi verso la cima.
Era meraviglioso pedalare in quel silenzioso bosco prima e successivamente sulla riva del fiume Salzach nel mezzo di
una valle immensa ingrigita e seminascosta dalla fitta nebbia che per forza di cose qualcosa doveva interromperne
la poesia.
Una fastidiosissima pioggerella, che si alternava a scrosci temporaleschi improvvisi e prolungati ha cominciato ad
accompagnarci nel nostro viaggio, per non abbandonarci fino a sera inoltrata.
Vedendo l'insistenza e la consistenza dell'enorme massa d'acqua che veniva giù, avrei voluto fermarmi ed aspettare
di pedalare soltanto nei momenti di tregua ma Simona ha insistito, per evitare che facessimo troppo tardi la sera,
ha deciso di continuare a pedalare sotto la pioggia battente.
Quando la pioggia è riuscita a penetrare il mio k-way fino a bagnare la giacca sottostante, si è infiltrata nelle
scarpe inzuppandoci piedi e calzini ha capito che non era possibile continuare a pedalare, bisognava trovare un
riparo ed aspettare che spiovesse per muoverci ancora.
Così tra pause sotto le tettoie e pedalate nei momenti di tregua la mattinata è volata via, mettendoci addosso
una fame tremenda. Il garage coperto di un supermercato è stato la scusa appropriata per procurarci qualcosa da
mangiare.
Gocciando acqua da tutte le parti, abbiamo attraversato le corsie del supermercato, le persone ci guardavano con
aria impietosita ed incuriosita, chissà cosa avranno pensato di due stranieri che vanno in giro sotto la pioggia
battente per poi ridursi in questo stato pietoso.
Abbiamo preso un pò di salumi tagliati austriaci un bel formaggio fuso al peperoncino, qualche panino ed una
boccettina di liquore e siamo usciti dal supermercato.
Aveva smesso di piovere e quindi invece di banchettare nel parcheggio del supermercato, era preferibile salire in
sella e guadagnare qualche chilometro sulla tabella di marcia inesistente.
Non so quanto sia durata la tregua, forse soltanto qualche chilometro perchè poi la fastidiosa pioggerella è tornato
a farci compagnia. Ormai completamente bagnati, infreddoliti ed affamati ci siamo messi alla ricerca di un posto per
fermarci a mangiare e cambiarci di abito con qualcosa di asciutto. La fortuna ha voluto che proprio in quel momento
stessimo incrociando la ferrovia del trenino a vapore ed in quel punto ci fosse la fermata con la tettoia in legno.
Ci siamo accampati sotto la tettoia, con tutte le bici, spogliandoci ed appendendo ovunque i panni bagnati che
avevamo addosso, sembrava una capanna di nomadi quella fermata, ma non avevamo alternativa.
Nonostante gli
abiti asciutti non riuscivamo più a prendere calore, faceva veramente freddo e l'umidità nella valle penetrava
nelle ossa, ci vollero due panini a testa, dei maglioni pesanti e la boccettina di amaro austriaco, quello con la
faccia del nonnetto sull'etichetta rossa, cosa del genere molto simile al tipo sulla nostra birra moretti per
farci riprendere un pochino. Ogni tanto qualche ciclista passava e lanciava un occhiata alla tettoia, poi vedendo
il nostro accampamento decideva di non disturbarci e continuare la pedalata.
Aveva spiovuto, i k-way sembravano essersi asciugati e non potevamo attendere oltre, la prossima cittadina distava
ancora abbastanza ed il pomeriggio incalzava, lasciando appesi alle bici i panni troppo bagnati per poterli mettere
nelle borse, lasciammo il nostro rifugio per riprendere a pedalare.
Riprese quasi subito a piovere, una pioggerella più leggera di quelle precedenti che ci avevano costretto alla sosta,
ma fastidiosa ed incessante che per tutto il tragitto non ha smesso di venire giù.
Faceva freddo nella valle, nonostante pedalassimo non riuscivamo più a scaldarci, per un pò ho distorto completamente l'attenzione dal paesaggio
circostante, tutto troppo grigio e bagnato con la nebbia che nascondeva ogni cosa. La mia attenzione era tutta per
la strada ed i pedali, dimenticandomi di qualsiasi altra cosa al mondo, ascoltavo il rumore delle gomme sull'asfalto
bagnato, concentrandomi sulla meta da raggiungere, una calda ed accogliente camera dove rilassarci.
Giungemmo a Mittersil, una decina di chilometri prima della meta che ci eravamo prefissi, e pochi chilometri prima
del centro notammo dei cartelli "Private Zimmer", una vecchietta simpatica si presento alla porta, dispiaciuta per
non avere più camere a disposizione ci chiese di aspettare un secondo e rientro in casa. Sentivamo da fuori che stava
telefonando, forse a qualche sua conoscenza che poteva ospitarci, mise giù il telefono e risbucò dall'uscio della
porta di casa con un sorriso che ci lasciava buone speranze. Una sua amica aveva la camera libera, provò a spiegarci
in tedesco la strada per raggiungere l'altra abitazione ma guardando le nostre facce basite, decise di accompagnarci
per un tratto di strada, si trattava del vicolo successivo.
Un'altra anziana signora ci attendeva sull'uscio sorridente, non parlava una parola di italiano ne inglese ma
l'antico linguaggio dei gesti ci ha permesso di comprendere ogni cosa ed interagire senza problemi.
Ci ha fatto posare le bici dietro la casa e ci ha accompagnato in camera, poi ci ha chiesto di seguirla giù in cucina,
ci ha chiesto di toglierci le scarpe e le ha messe sul lavandino, ha infilato delle carte di giornale e poi le ha
messe sul bocchettone di ventilazione della stufa a legna, poi ci ha preso i k-way e li ha appesi su di un mobile
vicino alla stessa stufa. Guardando le condizioni pietose in cui eravamo, ci ha gentilmente offerto un the, cosa che
non avremmo mai rifiutato. Scalzi, con i calzini bagnati ci ha accompagnato in un piccolo salotto dove ci avrebbe
servito il the ed è sparita.
Era una stanza piccola illuminata luce della finestra sul fondo, sotto la finestra c'era un tavolo abbastanza grande
e di fronte al tavolo dal lato opposto una vecchia vetrina faceva da appoggio al televisore. La signora tornò dopo
un attimo con l'acqua per il the ed un cofanetto pieno di bustine da cui scegliere quello che più ci ispirava,
c'era di tutto, anche i classici the che si trovano qui in italia, ma optammo per un the russo che emanava un ottimo
aroma.
Bevevi quel the caldo e sentivo dentro di me un calore diffondersi pian piano dallo stomaco fino ad ogni parte del
mio corpo, poi come se non bastasse quel gesto tanto premuroso della signora e le sue attenzioni, ci portò dei
panini già tagliati ed un piattino di salumi e formaggi, di quelli tipici da colazione, non era l'orario adatto
quello, ci avrebbe guastato l'appetito della cena, ma non potevamo rifiutare e rischiare di offendere la signora.
Mangiammo due panini e tornammo in camera per fare una doccia calda.
Il pavimento del piano di sopra era tutto di legno, ricoperto da un infinità di tappeti, nella nostra camera erano
neri con i fiori colorati, c'era una piccola porta che dava su di una stanza di 1 metro quadro con il solo water.
Ogni cosa era ricoperta da lavori all'uncinetto, il copriwater era ricoperto di stoffa marrone, il portarotoli era
una specie di cappelletto in tinta con il copriwater, perfino le grucce dell'armadio erano tutte ricoperte di stoffa
lavorata all'uncinetto.Ovunque in casa si trovavano lavori all'uncinetto, il copriwater era ricoperto di stoffa
marrone, il portarotoli era una specie di cappelletto in tinta con il coprivater, perfino le grucce dell'armadio
erano tutte ricoperte di stoffa lavorata all'uncinetto.
La doccia era messa in un angolo della stanza ed il lavandino di fianco alla doccia, su di una parete di finte
piastrelle di plastica. C'era un grande letto comodo, un armadio ed un tavolino con due sedie, tutto molto antico,
non esisteva infatti in quella casa niente di moderno, tutto era in legno ed era antico, sembrava di vivere nel
primo dopoguerra.
La doccia calda, il thè ed i panini furono provvidenziali, avevamo ripreso il colore in viso ed eravamo di nuovo
pronti ad uscire per andare a cena. Simona prese un ombrello poggiato nel corridoio e scendemmo, la signora era
sparita in cucina e dovettimo bussare per farci aprire. C'era il anche il marito, un simpatico vecchietto che se
ne stava seduto al tavolo di cucina senza dire una parola, sorrideva e rispondeva qualcosa di incomprensibile quando
lo salutavi ma non si muoveva mai di li, Simona disse alla signora che prendevamo l'ombrello in prestito facendoglielo
vedere ed uscimmo.
Raggiungemmo a piedi il centro, riparati dall'ombrello della signora per fermarci in una locanda nella piazza
centrale della cittadina che cucinava con soli prodotti biologici.
Il locandiere ci ha offerto del pane con un formaggio cremoso aromatico delizioso mentre attendevamo le zuppe con
funghi e crema di zucchine che avevamo ordinato. Anche la birra Waizen ordinata era biologica, prodotta da una
ditta salisburghese, era la migliore che avessi provato fino ad allora. Dal sapore intenso ed il gradevole retrogusto
fruttato, con la sua corposità era l'ideale per accompagnare le due fantastiche zuppe.
Non contenti di quanto avevamo mangiato ordinammo anche altre cose, facendoci aiutare dal locandiere nella scelta,
Simona prese un piatto di piccoli gnocchetti con formaggio e cipolle, serviti nel tegame metallico di cottura,
poggiato sopra un apposito oggetto in legno, ed io mi feci convincere a prendere dell'emmental fritto servito in un
piatto con delle patate bollite e condite, un po' di insalata mista ed una ciotolina con la marmellata.
Eravamo
stracolmi di cibo già dopo le zuppe, ma il gusto eccezionale di quei piatti, fece si che pian piano ripulimmo tutto.
Ci aspettavamo un conto salato, in un locale del genere, dove tutto era biologico, il servizio era eccellente, l'arredamento di classe ed il servizio brillante, invece non spendemmo più di quanto ci sarebbero costato a roma mangiare pizza e bibita.
Mi piaceva sempre di più quest'Austria, si mangiava bene e si spendeva poco, le voci che ne parlano come di un posto
caro sono di sicuro messe in giro dagli invidiosi commercianti italiani che non hanno modo di giustificare i prezzi
assurdi da loro proposti e tentano di denigrare un paese meraviglioso dove viaggiare è veramente un piacere,
la gente è cortese e ci sono infrastrutture dedicate ed organizzate per il turista.
Si è fatto tardi anche stasera per scrivere fiumi di parole su questo viaggio che poche saranno interessate a leggere. Gli occhi cominciano a chiudersi ed è ora che raggiunga Simona nel mondo dei sogni per dirle che ancora sto pensando alla pecora di pelouche che su alle cascate di Krimml nel negozio di souvenir, non mi ha voluto regalare.