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Lipari

Avventura alle Eolie (agosto 2008)
La nostra vacanza è ufficialmente cominciata quando abbiamo messo piede sulla terra ferma di Lipari, a quanto pare la più importante isola delle Eolie, non solo per estensione territoriale ma per la dipendenza politiche ed economica delle altre nei suoi confronti.
Annebbiato dal lungo viaggio non mi sono dedicato molto all'ambiente circostante, non ho fatto altro che trascinarmi stancamente il bagaglio nella squallida stanza assegnataci. Tutto sommato migliore di quella degli altri che sono capitata in case dove dovevano condividere il bagno in cinque persone.
Nella stanza i mobili erano fatiscenti residuati bellici, non avevano porte ne cassetti, soltanto alcune mensole di fortuna incastrate tra le pareti laterali. Il fondo dei mobili era praticamente sostituito dalle pareti stesse della camera, mentre il materasso che sprofondava in cui si sprofondava come se fosse un'amaca, sarebbe stato perfetto per le esibizioni di un fachiro, tante erano le molle saltate fuori dalla sede originale. Il bagno seppur piccolo, sembrava pulito tranne per la doccia, una cabina fatta da un telo di plastica con gli anelli, un tempo di colore chiaro, forse bianco ed ora decorato dalle più svariate tonalità del giallo, il beige ed il marrone chiazzato. La scoperta che comunque mi lasciò di stucco fu sapere che su tutte le isole che avremmo visitato, non ci sarebbe mai stata acqua potabile, quindi ci saremmo dovuti sempre portare dietro le bottiglie di acqua oligominerale comprate in offerta nei vari bazar e supermercati che di volta in volta avremmo incontrato.

avventurieri a Lipari
Tornando al nostro sbarco sull'isola, il primo contatto con la gente del luogo è avvenuto con un personaggio un po' particolare, in realtà la prima definizione che mi è passata per la mente è stata losco figuro, ma il passare dei giorni e l'attento osservare i suoi comportamenti, mi hanno lasciato la percezione della più pura ambiguità, dello spiazzamento, il mistero la più ermetica incomprensibilità.
Sono normalmente portato a comprendere le persone e cercarne la parte migliore, anche se provano a non farla emergere. Mi piace scoprire il lato interiore e genuino che le persone di solito nascondono dietro la banale e costruita apparenza, ma Roberto è sembrato chiuso come un riccio di mare.
Un uomo di mezza età, di statura media, la carnagione scura olivastra, i capelli brizzolati portati lunghi ma non troppo, crespi tendenti al riccio e mai pettinati, il fisico di un uomo di mezza età che non pratica sport, tranne quelli di pescare e governare la sua barca.
Si veste di solito con bermuda corto e delle sgualcite camice a fiori, spesso sbottonate sul petto o completamente aperte che lasciano intravedere i folti peli e la pancia.
Roberto è un marinaio navigato, un pescatore esperto, un barcaiolo, un affarista, un cuoco, un venditore di qualsiasi tipo di cosa, alle Eolie conosce tutti ed è parente di tutti, niente si muove senza che lui ci metta lo zampino, niente che non gli porti un rendiconto.
Non ti guarda mai negli occhi, mentre ti parla è assente nei suoi pensieri, credo che viva in una specie di dimensione fatta di conti, guadagni e donne da conquistare.
Ci prova con tutte quelle che respirano, anche con le donne fidanzate, una volta ci ha provato perfino con Simona chiedendole di accompagnarlo in barca a prendere una cosa, di sera quando in barca non c'era nessuno.
Restandoci qualche mese insieme, potrei scrivere un intero libro sulla sua persona e sulle barzellette d'umorismo simil inglese o allusive a perverse metafore sessuali che racconta.
Tuttavia non potrei dirvi se si trattasse di una persona cattiva o buona, se mi piacesse in quanto vero oppure no, perché non sono riuscito a capirlo, era come se dentro ci fosse un dolore immenso che l'aveva trasformato.
Tuttavia la mia intenzione era raccontare del viaggio, delle isole Eolie e della vacanza e non dilungarmi su un'analisi delle persone conosciute che richiederebbe troppo tempo ed un maggiore contatto diretto.

Dopo aver poggiato in camera i bagagli, avendo cura di non disfarli, visto che saremmo rimasti in quel posto per una sola notte, ci siamo riuniti con gli altri che giù al porto intavolavano una dura e lunga discussione su come organizzare la giornata a Lipari.
Ventitré persone ancora sconosciute che ripassavano i nomi per cercare di impararli, che domandavano la provenienza ed il mestiere a tutti, per cercare di creare un minimo di conoscenza nel gruppo, mentre il solito Roberto proponeva tutta l'organizzazione della giornata indicandoci le cose da fare su quella che tutti ormai consideravano la sua isola.
Infatti, ogni cosa a Lipari sembrava appartenere a Roberto, che conosceva tutti i prezzi, i luoghi dove andare, le cose da fare e con chi farle ed in parte decideva ed imponeva la nostra giornata.
Dopo una lunga diatriba riuscimmo a definire due gruppi di persone, uno che sarebbe andato al rinomato museo archeologico dell'isola, preso dalla sete di cultura e l'altro che si sarebbe dedicato alla prima spiaggia dell'isola, con annesso rosolamento e riposino. Gruppi che si sarebbero riuniti più tardi sulla seconda spiaggia proseguendo in senso antiorario dal punto di partenza.
Il museo dell'isola mi ha stupito per la quantità di reperti archeologici esposti, credevo ci fosse stata una traccia inferiore di civiltà su delle isole vulcaniche relativamente giovani, per giunta in passato pericolose per le continue eruzioni e frane che avvenivano con una frequenza maggiore rispetto ad oggi.
Sono presenti invece, reperti risalenti al paleolitico, per passare poi attraverso le età del bronzo in delle sale piene di anfore cinerarie abilmente disposte su strutture piramidali, sono ricostruite poi abilmente molte necropoli ritrovate nelle isole, in una ricostruzione originale e fedele, che riprende le posizioni e l'ambientazione originale dei ritrovamenti.
Di sicuro i greci, per la quantità enorme di reperti lasciati devono aver vissuto ed amato molto le isole Eolie, c'è, infatti, una quantità enorme di vasi decorati e ben conservati, interi corredi funerari fatti di gioielli, piccole anfore, portalampade e tanti piccoli oggetti tipici della cultura greca, poi c'è un'intera sezione dedicata al teatro e le maschere, dove sono presenti statuette degli dei, maschere della tragedia e moltissimo materiale riguardante il teatro.
Devono aver avuto acque calde termali presenti a vulcano ed in tutte le Eolie, aver guardato con curiosità alle rosse esplosioni vulcaniche di Stromboli, devono aver passato intere giornate a crogiolarsi nei fanghi ed aver bevuto fiumi del meraviglioso passito che ancora si produce sulle isole.
E' un vero peccato che come spesso accade nei musei sia negata la possibilità di scattare foto, cosa che consente ai gestori di vendere i loro libri di fotografie e le guide, ma che rende scontenti i visitatori, che non possono portarsi a casa un ricordo visivo del museo. Un errore considerando che le foto altro non sono che pubblicità gratuita e che sarebbero poi finite sul mio sito tra tutte le fotografie scattate in giro per il mondo.

Terminato il giro al museo archeologico, dopo una velocissima incursione al museo vulcanologico, ricco di fotografie e studi sulle attività vulcaniche delle isole e dei vulcani in generale che avrebbe meritato una maggiore attenzione, ci siamo tutti riversati per le strade di Lipari in cerca di cibo.
La mia intenzione era quella di prendere soltanto della frutta fresca da mangiare, per non innescare una lunga digestione che avrebbe rubato tempo ai molteplici bagni in mare che avevo intenzione di perpetuare tutto il pomeriggio, ma la mia attenzione fu improvvisamente catturata da qualcosa di mistico.
Delle palle grandi quanto il palmo di una mano terminanti nella parte superiore in un accenno di punta. Il colore giallo scuro, quasi arancio con delle venature tendenti al rosso, la buccia, una corazza corazza ruvida, luccicante e dorata, il profumo unico ed intenso che ti riempie già la bocca di desiderio.
I famosissimi ed originali arancini siciliani, chiamati a volte arancine, a seconda dell'area geografica di provenienza.

Qui è meglio precisare, per non tirarsi dietro l'ira di nessuno che viene chiamata arancina ed ha una forma rotonda nella parte occidentale dell'isola, ed arancino, avente forma rotonda o a punta perché pare si ispiri alla forma dell'Etna, nella parte orientale. Ci sono poi anche alcune eccezione nella zona ragusana e nella zona di siracusa.
Ora si potrebbe cominciare ad analizzare l'etimologia dialettale secondo la quale aranciu sarebbe il frutto dell'albero e quindi data la forma diventerebbe arancinu, cioè piccola arancia, oppure si potrebbe pensare che derivi dal colore aranc-inu dove la desinenza in siciliano significa di colore, ma veramente temo sia un discorso che non porti da nessuna parte e che crei solo confusione. Quindi quel coso fritto e buonissimo, chiamatelo come vi pare, tanto comunque lo pronunciate, ci sarà qualcuno a dirvi che si dice nell'altro modo.

Al prosciutto e mozzarella, burro e formaggio, al salame, ripieni di polpo, al nero di seppia o i più classici e diffusi al ragù, tipici del messinese e di Palermo.
Non ci fu modo di resistere all'invitante richiamo di quei gioielli della gastronomia siciliana che mi chiamavano dalla vetrina, e per la prima volta in vita mia, avrei gustato la versione originale nel luogo di origine.
Troppo a lungo la mia conoscenza di questo re o regina dello streetfood siciliano si era limitata alle imitazioni trovate nei locali romani di ispirazione sicula, tra cui forse il migliore esempio era la catena Mondo Arancina.
Un primo morso per rompere la croccante panatura esterna, poi un secondo per assaporare lo strato esterno di riso allo zafferano che protegge il nucleo centrale, poi un affondo deciso fino al centro dell'arancino dove il ragù rosso di carne macinata con i piselli veniva accompagnava ad una piccola noce di besciamella ed un cubetto di mozzarella.
Pochissimi ma intensi minuti è durato quello arancino nelle mie mani, dopo di che subito sono andato con Simona e gli altri a prendere i motorini che avevamo affittato da Roberto per fare il giro dell'isola.
I motorini erano bruttissimi e mezzi sgarrupati, erano dei cinquantini che soffrivano tremendamente le salite dell'isola fino quasi a fermarsi in certi punti più ripidi, ma nonostante questi inconvenienti tecnici e fisici, mi è sembrato di tornare indietro nel tempo di almeno una decina d'anni, quando giravo a Napoli con la mia vespa cinquanta modificata, senza mai indossare il casco, con i capelli che ancora folti, volteggiavano nell'aria mossi dal vento.

Dopo aver boicottato la sosta alla prima spiaggia, troppo popolata da turisti, barche, bancarelle e negozi, su quello che si potrebbe definire lungomare, ci siamo fermati sul curvone che si affacciava sulla spiaggia più piccola in una a specie di insenatura.
Un centinaio di gradini in discesa verso la spiaggia ricordavano vagamente i faticosi accessi ad alcune spiagge di Sperlonga sul lungomare Laziale, ma la spiaggia sottostante era completamente diversa.
Fatta di piccoli sassolini di svariate dimensioni, che non lasciavano in pace la schiena sdraiata sull'asciugamano, e rendevano difficoltoso camminarci, con il vantaggio però di non sporcare e di non insinuarsi in ogni parte del corpo come di solito ama fare la sabbia.
L'acqua era azzurra come il cielo, forse soltanto un po' più scura, e sorprendentemente calda, che stupido sono stato a dare retta a chi diceva che l'acqua delle Eolie era fredda, avrei dovuto immaginare che delle isole vulcaniche con tanto di vulcani attivi non potevano che avere un mare caldo.
Così mi sono risparmiato la sofferente procedura che mi vede per degli interminabili minuti scendere lentamente in acqua bagnando un centimetro alla volta del corpo ed aspettando il coraggio di bagnare il successivo che ripeto sempre quando vado al mare in Italia.
Un tuffo ed ero immerso in quel rilassante e limpido specchio d'acqua salata, dove mantenersi a galla era così facile che non bisognava muoversi più di tanto. Due bagni interminabili, forse tre, ma non riuscivo in nessun modo a concepire di dover uscire ad asciugarmi o prendere il sole, quando potevo restare a mollo in quel paradiso con Simona e gli altri.
Quando ormai ero diventato troppo zuppo, sono tornato sull'asciugamano ad asciugarmi un attimo, consumando le pesche che avevamo comprato, mentre notavo gli altri che si rosolando per benino al sole e Daniele che era crollato in un lungo sonno sotto l'ombra di una roccia rinfrescante.
In motorino a Lipari
Eravamo tutti stanchi, portando ancora addosso la fatica del viaggio, ma decidemmo comunque di risalire gli scalini maledetti e prendere i motorini per terminare il giro dell'isola e le sue spiagge.
Ci siamo rincorsi sulle strade curvose strade di Lipari, con i motorini senza freni, le marmitte che sputavano intense nubi bianche di fumo, le macchie d'olio lasciate sull'asfalto dalle perdite d'olio del motore, le soste per i motorini su cui avevano finto di fare il pieno che restavano senza benzina, e la ruota sgonfia di uno dei motorini costretto a proseguire a rischio per tutto il percorso.
Il motorino su cui eravamo io e Simona, soffriva così tanto la nostra mole boteriana da restare quasi fermo sulle salite, mentre tutti gli altri ci sorpassavano sorridendo, così dovevo poi rilanciarmi in folli inseguimenti e sorpassi nei tratti di pianura e discesa per riguadagnare le prime posizioni nella fila.
Attraversavamo così tutta l'isola, con le sue strade desolate, la vegetazione ai lati della strada era povera, mai rigogliosa, una terra molto arida dove sporadicamente comparivano alberi di fichi e fichi d'india. Le abitazioni erano praticamente inesistenti oltre la zona del porto e della prima spiaggia, mentre invece si susseguivano cave e miniere abbandonate, nastri trasportatori, silos e degradanti paesaggi industriali abbandonati.

Autoscatto da Lipari
Non riuscito a farmi piacere questa strana isola, ne a considerarla bella, nemmeno la bellissima insenatura in cui abbiamo fatto il bagno è riuscita a darmi un'idea positiva.
Un luogo dove l'abusivismo edilizio ha fatto da padrone e l'architettura pare non avere radici storiche ne filoni riconoscibili. Le costruzioni sono un misto di cemento colato a caso, dai colori a volte scuri e grigi, mentre altre volte è tutto bianco, un bianco abbandonato alle intemperie.
Nemmeno il lato del porto, anche se brulicante di vacanzieri in cerca di non so cosa e negozietti di ogni tipo dove comprare parei e cappelli, sandali alla moda ed altre cose simili, mi ha entusiasmato. Mi è mancata forse un'identità o una particolarità che potesse rendere l'isola diversa.
Probabilmente se avessi dovuto scegliere di visitarla di mia spontanea volontà non ci sarei venuto, ma per fortuna, almeno la cena a ristorante è stata degna di nota.

Attraversando il bancone del bar, pizzeria, paninoteca, forno e chi più ne ha ne metta, ci siamo ritrovati in una piccola veranda in legno di fianco la cucina.
Un posto che racchiude svariate attività, non abitualmente integrate tra loro, non riusciva a trasmettermi niente di buono, mi aspettavo infatti di mangiare male ed essere servito peggio, e invece...

Una squadra di abili ed eleganti camerieri, non nel vestire, ma nella grazia e precisione con cui servivano ai tavoli, sono spuntanti magicamente dalla porta della cucina e ci hanno servito un ottimo antipasto misto fatto di pesce imbottito e marinato, verdure alla parmigiana o gratinate e tante ottime cose, che subito hanno smentito i miei presentimenti, ricordandomi che la cucina siciliana è tra le migliori cucine regionali italiane.
Accompagnati poi da pessimi vini bianchi, su richiesta anche rossi della stessa infima qualità, ci sono stati serviti due ottimi primi piatti, uno di terra e l'altro di mare.
Ottimo quello alle olive mentre un tantino sciapo il risotto ai frutti di mare, che Simona non ha potuto mangiare, data la sua allergia ai frutti di mare. Davvero speciale invece, il piatto sostitutivo di quello di pesce che è stato servito a Simona, la cosiddetta pasta alla norma, fatta con le melanzane e la ricotta, forse tra i migliori piatti che abbia provato in tutta la vacanza.
Per completare lo stato di sazietà che già sentivo addosso, ci hanno servito un abbondante secondo di pesce arrosto, tra cui spiccava per la prima volta un pesce in tranci, fotocopia del pesce spada, che ci sarebbe stato servito spesso nei ristoranti, secco, stoppaccioso e molto economico, puntualmente rifilatoci come pesce spada.
Fuori programma, è arrivato il dolce, una magnifica torta alla ricotta e pistacchio, forse una variante della cassata siciliana, che stranamente ho mangiato anche io che non mangio mai i dolci.
Era il compleanno di Enrica e la torta serviva a festeggiare lei e quel gruppo di persone che imparavano a conoscersi condividendo la vacanza e quel momento magico fatto d'allegria.

Dopo la cena, con Simona, Davide e Vera, salutato il gruppo che si dirigeva verso il molo, ci siamo incamminati verso le nostre stanze che ci aspettavano in cima alla ripida salita, un piccolo trekking serale utile a liberarsi dal senso di gonfiore dovuto alla cena.
Ci aspettava una notte breve, con la sveglia alle prime luci dell'alba per raggiungere il molo dove avremmo visto per la prima volta la barca di Roberto, che ci avrebbe portato in giro per le varie isole cominciando da Vulcano.

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